Il libro di Guarino & Raugei e l’opera recente su Sindona
Il libro “Licio Gelli. Vita, misteri & scandali del capo della Loggia P2” di Mario Guarino e Fedora Raugei (nella foto a fianco la copertina), uscito nello scorso aprile, sembra voluto per accrescere lo sbigottimento suscitato da quello di Marco Magnani su Sindona, del marzo scorso, recensito su La Libertà del 16 aprile. In verità si tratta di una nuova edizione del 2006 ed è forse un caso che le 2 opere vengano presentate quasi simultaneamente. Se il tema trattato è sempre quello, cioè la potente corruzione d’alto livello dilagante nell’Italia del ventennio ’60-’80, esse non sono ripetitive o sovrapponibili, ma complementari, come si deduce subito dal confronto dei loro indici analitici o dalla loro dimensione (405 pagine per quello su Gelli, 158 quello su Sindona) e del taglio ad esse conferito.
Quanto ora recensito tratta di tutto, poiché questo fu lo scopo di Gelli; l’opera precedente è più sottile, più specialistica, più mirata, poiché Sindona fu solo (scusate) un banchiere. Per rendersene conto subito non v’è che considerare che Sindona, per far assassinare il commissario liquidatore della Banca Privata, che non vuol cedere alle sue pressioni, deve far reclutare a Cosa Nostra il sicario americano W.J. Aricò, mentre Gelli ottiene, col personale locale a sua diretta disposizione, almeno 30 omicidi, ma molti di più se si considerano casi altamente sospetti come gli 80 della Stazione di Bologna.
La fondamentale differenza fra i due sta nel fatto che Sindona cerca potere finanziario per sé e non esita ad allearsi ad altri poteri – politici, criminosi, storici – onde ottenerlo. Invece Gelli, per sé, cerca potere senza alcuna particolare caratteristica, ma rendendosi conto che la via maestra – non necessariamente la più sicura – per ottenerlo è la politica internazionale. Essa non esita di fronte al sangue, sparso anche in casa d’altri, né alla corruzione finanziaria dei complici, rendendo facile il loro arricchimento. Risulta quindi evidente che Sindona è, al più, un ausiliario di Gelli mentre quest’ultimo sfrutta alla fonte l’incubo dell’epoca: la possibile guerra tra Usa e Urss, che porta i primi a non imporsi alcun limite nel contrastare, in Italia, la temuta ascesa al potere del Pci. Da ciò la strategia della tensione che, pur coinvolgendo direttamente estrema destra ed estrema sinistra, le vede anche in lotta interna tra loro, poiché non tutti condividono l’impostazione corrompente e delittuosa che ha finito per assumere.
Continua a leggere l’articolo di Giorgio Ferrari su La Libertà del 28 maggio
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