Con don Borghi tra le «cose ultime»

Parla il medico reggiano Lorenzo Calabrese, curatore, insieme alla moglie Elisabetta, del volume «La vita eterna», che ha la prefazione di monsignor Adriano Caprioli

“Tra la eredità di un scrittore viene più spontaneo annoverare i libri e le opere scritte. Meno invece viene subito alla mente la sua figura di uomo, la sua vocazione, il suo compito di educatore. Eppure, più che i libri, fatalmente datati nel loro contesto, sembrano più le relazioni, le amicizie, le memorie scritte nel cuore dei discepoli che meglio sopravvivono, continuando l’opera non scritta del maestro: quella che si fa metodo di studio, esperienza di vita, servizio a qualche causa degna di essere perseguita”. Sono le parole con cui monsignor Adriano Caprioli inizia la prefazione al volume “La vita eterna. Il mistero delle cose ultime” (BookSprint editore), e il riferimento è alla figura poliedrica e ancora poco nota del milanese don Carlo Borghi, uomo di scienza e di fede (si veda il riquadro biografico). Il libro, un’anteprima assoluta (si veda anche La Libertà del 7 maggio, pagina 9), è curato dal medico reggiano Lorenzo Calabrese, che abbiamo raggiunto per un’intervista alla vigilia della presentazione dell’opera al Salone del Libro di Torino.
Calabrese, come mai si è appassionato a questo sacerdote milanese?
La passione per le opere ed il pensiero di don Carlo Borghi la devo a mia moglie Elisabetta Dall’Olio, che ha avuto il privilegio di una conoscenza e frequentazione personale molto assidua con il grande scienziato. Me ne parlava continuamente già ai tempi del fidanzamento; il suo entusiasmo per le tematiche oggetto delle discussioni teologico-scientifiche che aveva con lui sui grandi temi esistenziali fu contagioso. A detta di tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo personalmente, era praticamente impossibile non subirne il fascino intellettuale e spirituale.
La vita di don Borghi ha intrecciato anche la nostra Diocesi?
Non fisicamente, poiché ha vissuto l’ultima parte della sua vita a Parma, ma intellettualmente sì perché a Reggio Emilia pubblicò nel 1980 il suo libro di racconti dal titolo “Novelle 55” con la casa editrice Città Armoniosa sotto lo pseudonimo di Karol Hobrig, da lui stesso coniato come anagramma. Il Giornale di Indro Montanelli lo recensì con una lusinga che lo paragonava ad un novello Buzzati.

Leggi tutta l’intervista di Edoardo Tincani a Lorenzo Calabrese su La Libertà del 14 maggio

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