Dalla via Emilia alle Cinque Terre Cartolina fotografica europea

Si chiamano Sara, Diego, Amina, Luca, Giovanni, Lorenzo, Samuele, Cheren, Ilaria, Marta, Claudia, Nico, Farah, Alexandra, Giulia, Xhulia, Arianna, Katarzyna, Alessia, Selma, Chiara, Cristian; sono studenti dell’Istituto ‘Nelson Mandela’ di Castelnovo ne’ Monti, indirizzo turistico, classe 2T. Ragazzi molto in gamba, autori di un percorso di due anni che è diventato un viaggio tra la pianura ed il mare separati dalle montagne dell’Appennino. Un confine geografico, barriera climatica, ambientale, culturale, tra area continentale ed area mediterranea. A Nord all’orizzonte la pianura Padana con la via Emilia, a Sud il mare, l’infinito per eccellenza, in mezzo il valico, la porta mediterranea, dove osservare i paesaggi di confine che diventano Luoghi di scambio e ponte tra culture diverse.

Un’idea nata nell’ambito del progetto ‘Abitare la Terra’, svolto in collaborazione con il Parco nazionale. Un viaggio diventato una mostra fotografica, ‘Dalla Via Emilia alle Cinque Terre, curata da Fabrizio Frignani, in esposizione a Palazzo della Bonifica dell’Emilia Centrale, corso Garibaldi 42 a Reggio Emilia. L’inaugurazione si svolgerà sabato 7 maggio ore 17.

UN PERCORSO DURATO DUE ANNI. Da vicino da lontano: due avverbi, parole, ma che in ambito geografico, fanno parte di quelle coppie contrapposte di concetti “semplici”, come, dentro – fuori, aperto – chiuso, basso – alto, sopra – sotto, con i quali si possono sviluppare mappe dei territori di vita personali. In questi territori di vita esistono dei paesaggi, spesso sconosciuti, celati, eppure sono lì dietro l’angolo (vicino), oppure nell’infinito orizzonte (lontano) ,quelli che non osserviamo più, perché nel nostro contesto visivo sono diventati “abitudine”. Un’abitudine che trasforma il nostro spazio geografico, la nostra carta mentale quotidiana, in un Non Luogo, fatto di routine, dove l’alternanza delle stagioni, del giorno e della notte, diventano fattori “normali”, spesso ricondotti ad un più banale, oggi nevica, oggi c’è il sole, oggi piove, privandoci di ogni sentimento emozionale. Il paesaggio “sconosciuto” diventa quindi un palcoscenico attivo, dove gli attori silenziosi, non smettono mai di recitare; le scene si susseguono una dietro l’altra, senza mai ripetersi, con cambi d’abito continui, lenti, raramente frenetici, ma sempre all’interno della semplicità della natura. Quando nel paesaggio, l’uomo diventa attore, la scena cambia, l’intensità dall’azione ha affetti diversi, ma spesso sono dirompenti e lasciano segni che possono essere più o meno rispettosi della scena. Quando la “presa” dello sfruttamento umano si allenta, i paesaggi “sconosciuti” diventano in quel momento, il luogo, dove potere assistere liberamente ad uno spettacolo unico. A questo punto per potere assistere alla rappresentazione, bisogna costruire un belvedere, uno spazio dove riappropriarsi del “territorio”, dove fermarsi, per riflettere, pensare, percepire, ascoltare, ed eventualmente cogliere l‘immagine, l’istante, di quella particolare scena, che il paesaggio non rappresenterà più.

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La fotografia, l’arte di disegnare con la luce, diventa il mezzo, lo strumento, con il quale cogliere e comunicare questi sentimenti emozionali, che possono essere contemporaneamente, la pura rappresentazione iconografica di ciò che osserviamo, oppure, trasformati con l’immaginazione in una realtà fantastica (il mondo immaginato) dove spesso possiamo rifugiarci per trovare emozioni, ancora più profonde e personali. Abitare la Terra: Paesaggi costruiti dall’uomo sull’impianto geomorfologico di madre terra, un paesaggio ormai ovunque umanizzato che esprime e sintetizza i comportamenti dell’uomo, oggi spesso troppo aggressivi irrispettosi ed incuranti delle conseguenze verso un territorio sempre più fragile, al contrario di un tempo non così lontano, dove le generazioni che ci hanno preceduto, con coscienza ed esperienza avevano imparato a preservare ogni porzione di terreno per produrre e prelevare ciò che serviva per vivere in perfetto equilibrio con l’ambiente ed il territorio. Oggi per preservare il territorio c’è un parco, con un ambito territoriale molto ampio, apparentemente una linea di confine tra il Continente ed il Mediterraneo, un confine, climatico, culturale, tra genti, con uno spartiacque imponente che delimita i due limiti geografici ideologici, (per fortuna senza muri e barriere) tra Nord e Sud.

Un parco è un area protetta, e può diventare un luogo di protezione non solo dell’ambiente, ma anche dei valori culturali, sociali, antropologici espressi dall’uomo su quel territorio. Il Parco Nazionale grazie alla sua straordinaria configurazione (si sviluppa lungo una linea Est –Ovest che collega le Alpi con l’Adriatico), la sua posizione ( al centro dell’Appennino Tosco Emiliano), lo fanno diventare un ponte di collegamento tra pianura e mare, così come era l’appennino nei tempi antichi quando veniva attraversato dalle genti che si recavano in pellegrinaggio dall’Europa centrale a Roma, oppure cercavano nuovi sbocchi commerciali per le proprie merci. Il crinale con i suoi borghi antichi, oggi spesso abbandonati, diventa punto di riferimento, per le genti dei due versanti opposti, ma allo stesso tempo un ponte che attraverso la porta mediterranea diventa anche ideologicamente il luogo di scambio per culture che vengono dal Nord anche dal continente più lontano o dal Sud, dal mare luogo per eccellenza dell’infinito ( oggi per molti di speranza per una vita migliore).La porta, oggetto in se banale, ognuno di noi quotidianamente ne apre un’infinità, se osservata in modo attento diventa un qualcosa di unico, in una casa separa l’interno dall’ esterno, il mondo conosciuto rassicurante dove esprimiamo la nostra intimità il nostro ordine, dal mondo sconosciuto disordinato dove abbiamo più difficoltà a trovare un ordine di cui abbiamo continuamente bisogno, un mondo che a volte ci incute ancora paura. Attraverso la porta possiamo scrutare, osservare, entrare nel mondo che ci circonda, nel paesaggio esterno; ed è a questo punto che la porta diventa il ponte il punto di scambio tra culture e mondi diversi oppure semplicemente un qualcosa che ci permette di entrare ed uscire da un personale, ma molto intimo mondo immaginato. Attraverso la fotografia , il confronto diventa scambio culturale, conoscenza di altri giovani che su quel determinato territorio in quel paesaggio svolgono mestieri “antichi” che vengono dalle tradizioni e producono eccellenze che devono per forza convivere con la sostenibilità.

Gli orari della mostra: 7 maggio dalle 17 alle 23 e 8 maggio dalle 10 alle 23. L’esposizione sarà visitabile fino al 1 giugno  (dal lunedì al venerdì dalle 8,30 alle 12,30); il 2 giugno dalle 10 alle 22. Per informazioni e prenotazioni tel. 0522 443211