L’astensione al voto, che di elezione in elezione in questo ultimo decennio si è notevolmente accresciuta, la crisi dei partiti con larga base di iscritti, l’introduzione delle primarie (quasi sempre pasticciate e con regole variabili) che estremizza al massimo la personalizzazione della politica (dove stanno adesso i programmi? Ci sono ? Chi li conosce?), l’uso sempre più diffuso e determinante “nel far politica” dei mezzi di comunicazione, con l’avvento del web e dei social network, stanno indubbiamente mettendo in crisi la democrazia rappresentativa. Che va detto, viene assunta e normata come principio inviolabile della nostra Carta costituzionale del ’48. Se abbiamo occasione di frequentare qualche libreria ben fornita, troveremmo una pila di volumi dedicati a questa svolta nel sistema politico italiano, che rappresentano un’assoluta novità per il nostro Paese. Ad esempio il libro “Contro le elezioni. Perché votare non è più democratico” di David Van Reybrouck (Feltrinelli): questa tesi sembra ostentata, più che esposta; gli fanno ala altri due testi che fanno pensare: “Ciò che resta della democrazia” di Geminello Preterossi e “Dentro e contro” di Marco Revelli, dedicato al populismo di governo (entrambi editi da Laterza).
Leggi il testo integrale dell’articolo di Luigi Bottazzi su La Libertà del 26 marzo