L’eredità profetica dei trappisti uccisi. Un giardiniere per far rifiorire Tibhirine

Al Sacro Cuore l’incontro col custode padre Jean Marie Lassausse

Creare occasioni di relazione, momenti di incontro vero – non tanto (o non solo) giornate di studio, appuntamenti istituzionali, ma proprio reali opportunità di collaborazione – per mettere in contatto due fedi e culture quali sono quella cristiana e musulmana. Credere – e conseguentemente investire – nella possibilità di far comunicare concretamente questi ‘mondi’, che pur molto differenti, sbagliano nel ritenersi irrimediabilmente distanti, agli antipodi, e che potrebbero invece scoprire nella convivenza inaspettate risorse reciproche, gesti di cooperazione e, nel migliore dei casi, persino slanci di fratellanza.
Utopie? Pura follia? Il pensiero in verità non impiega molto a correre a scenari radicalmente opposti, agli attentati di matrice islamica, alla paura e all’apprensione per la possibile infiltrazione di jihadisti nelle nostre città, allo spettro dello scontro di civiltà che più volte abbiamo sentito evocare da commentatori e analisti nei casi in cui l’allarme terrorismo si è fatto più alto e pressante.
Eppure, chi va ripetendo con convinzione questo ‘appello’ non è certo persona che possa dirsi immune da simili esperienze traumatiche: padre Jean Marie Lassausse è infatti l’attuale priore e responsabile della piccola comunità monastica di “Notre Dame de l’Atlas”, a Tibhirine, in Algeria, la stessa comunità che nella notte tra il 26 ed il 27 marzo 1996 – vent’anni fa – veniva bruscamente e brutalmente privata della vita di 7 suoi monaci. Si rivolge alla platea numerosa che affolla in ogni angolo la sala convegni della parrocchia di Baragalla, al Centro pastorale del Sacro Cuore, la sera di giovedì 3 marzo, e sembra voler far cogliere tutta una complessità di fattori e di elementi in gioco che aiuterebbero ad evitare reazioni troppo emotive ed istintive, superficiali e tranchant. Al suo fianco, nel doppio ruolo di traduttrice e moderatrice dell’incontro (brevemente introdotto da don Romano Zanni, vicario episcopale per la Carità e le Missioni), c’è la giornalista di Mondo e Missione Anna Pozzi.

Continua a leggere l’articolo integrale di Matteo Gelmini su La Libertà del 12 marzo

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