Da dove vengono le fiabe?

Storie fantastiche: dalla teoria degli archetipi alla funzione educativa

Che cosa è una fiaba? Cioè che cosa ne fa una fiaba distinguendola da altre forme di racconto breve? Evidentemente, è il fantastico. Ma come si esprime il fantastico nella fiaba? Se prendiamo come testo-base per la nostra analisi le fiabe di Perrault, magari integrandole con quelle di Basile, gli elementi coi quali si manifesta il fantastico sono:
– la presenza di animali che si comportano come uomini o di uomini sotto forma di animali (ad esempio il lupo di “Cappuccetto Rosso” oppure “Il gatto con gli stivali”);
– la presenza di Fate (in “Cenerentola”, “Le Fate”, “La bella addormentata”, “Pelle d’asino”); (ne “Le fate” c’è una sola fata; ma ne “La bella addormentata” ce ne sono addirittura otto. In “Cenerentola” e in “Pelle d’asino” la fata s’identifica con la madrina);
– i doni magici (“Barbablù”, “Il gatto con gli stivali”, “Pollicino” eccetera);
– la metamorfosi (“Enrichetto dal ciuffo”, “Pelle d’asino” eccetera).
Fra questi, l’elemento più caratterizzante mi sembra la presenza dei doni magici: che ricordano gli oggetti mana delle religioni animiste e potrebbero ricondurre la fiaba al pensiero primitivo. Secondo Italo Calvino, invece, l’elemento fondamentale delle fiabe è la metamorfosi – verso la quale tutto il resto conduce. Avremo occasione cammin facendo di approfondire.

Leggi il testo integrale del saggio di Antonio Petrucci su La Libertà del 5 marzo

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Gattoconglistivali