Progetto Gemma: maternità supportata

Con Gianni Vezzani, reggiano, presidente della Fondazione Vita Nova Onlus, facciamo il punto su un’iniziativa che merita di essere rilanciata nelle parrocchie e nelle famiglie

Nei giorni in cui, collateralmente al dibattito sulle unioni tra persone dello stesso sesso, i mass media portano in auge il concetto di maternità surrogata, che tanti problemi solleva, vogliamo nel nostro piccolo rilanciare quello di maternità supportata, che tanti problemi risolve. L’ottica è rovesciata: là siamo in presenza di adulti che per “fare” il figlio cercato vorrebbero ricorrere in qualche modo al mercato, qui di una madre naturale che incappa in una gravidanza indesiderata o comunque molto difficile, vuoi perché la famiglia è già numerosa o perché il lavoro manca o lo stipendio non basta. Vuoi anche per la paura, il senso di solitudine, l’abbandono dei familiari o il rifiuto stesso di una gestazione.
In quest’ultimo caso, possono entrare in campo delle persone, chiamate “salva-vita”, che attraverso una modalità semplice e concreta aiutano neomamme e bebè a sorridere alla vita. È questo il senso del Progetto Gemma, una straordinaria forma di adozione prenatale a distanza per donne in difficoltà tentate di non accogliere il figlio che portano in grembo, ossia quella “gemma” che per sbocciare spesso ha bisogno solo di calore umano e di un contributo economico.
L’iniziativa è gestita dalla Fondazione Vita Nova Onlus, opera del Movimento per la Vita Italiano, fatta camminare sul territorio dalla rete dei Centri di Aiuto alla Vita (Cav).
Aderendo, si consente alla madre di portare a termine con serenità la gravidanza e la si aiuta nel primo anno di vita del bambino.

Leggi l’articolo integrale di Edoardo Tincani su La Libertà del 20 febbraio

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