Incontro col regista Guido Chiesa e la moglie Nicoletta. Sabato a Campagnola raccontano del loro film «Io sono con te».
“L’amore fa miracoli”, recita un detto molto comune, poi trasformato anche in canzone… È un po’ quel che è accaduto a Guido Chiesa, affermato regista torinese (da molti anni vive a Roma), che ha saputo ritagliarsi un suo spazio di tutto rispetto nel mondo cinematografico italiano. Diversi i film di richiamo che ha all’attivo; fra questi, “Il partigiano Johnny”, del 2000, con Stefano Dionisi; “Lavorare con lentezza”, del 2004, che ha visto assegnare il Premio Mastroianni a due attori emergenti del cast; la serie tv per Sky “Quo vadis, baby”… L’ultimo, la commedia “Belli di papà”, del 2015, vede Diego Abatantuono e Francesco Facchinetti fra gli interpreti.
Guido, sin dagli anni giovanili, specie nel periodo degli studi, si conforma a un’impostazione di tipo razionalista, anche se – ci tiene a precisarlo – “non ero esattamente ateo”. Vicino ai valori etici della sinistra, forgia la propria cifra intellettuale in un’ottica lontana dalla fede, sebbene da piccolo avesse ricevuto, in famiglia, un’educazione di stampo cattolico. I cui barlumi, di tanto in tanto, riuscivano a far capolino nel suo animo. Nel frattempo, il percorso professionale dietro la macchina da presa è costellato di soddisfazioni e riconoscimenti, e prosegue snodandosi nel solco di un ambiente – quello del cinema e delle produzioni di alto livello – tutto sommato disinteressato, quando non addirittura ostile, al discorso religioso, all’esistenza di Dio, tanto meno alla realtà della Chiesa cattolica.
Continua a leggere l’articolo di Matteo Gelmini su La Libertà del 20 febbraio
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