Fra pittura e fotografia ci scappa Photoshop

Non mi ricordo chi abbia parlato per primo del ‘carattere ciclico della storia’ (chi ha pazienza se lo potrà andare a vedere su internet) quello che ora interessa a noi è il sapere che per molti, filosofi, sapienti ecc. la storia si ripete.

Nel 1932 Ansel Adams, Edward Weston e alcuni altri fotografi, meno rinomati ma altrettanto bravi, riuniti attorno a un tavolo hanno pensato bene di fondare il ‘Gruppo f/64’; siamo in anni in cui nel mondo dell’arte andava di moda pubblicare ‘manifesti’, fondare movimenti o gruppi di tendenza ecc. ecc. Il termine si riferisce alla minima apertura del diaframma degli apparecchi fotografici che allora usavano, questa minima apertura garantiva la massima profondità di campo, per avere tutto ben nitido e a fuoco, in modo da riprodurre esattamente ciò che stava davanti all’obiettivo, rispettando la regola che, in fotografia, le cose spesso vanno in modo inversamente proporzionale, cioè, ripeto, minima apertura uguale massima profondità. Il gruppo fu la risposta secca e perentoria al fenomeno del pittorialismo, un movimento che, nato alla fine del XIX secolo, voleva far assomigliare sempre di più la neonata fotografia alla pittura, intervenendo con le tecniche più svariate: dal supporto su cui veniva stampato il negativo, al modo di stamparlo come la calotipia, la gomma bicromata ecc. usare gli obiettivi soft-focus o svariati filtri che garantivano i contorni sfumati e soffusi del soggetto fotografato. I paesaggi sembravano immersi in un sogno (foto 01) e andare dal fotografo per farsi fare un bel ritratto ‘pittorico’  (foto 02) costava molto meno che andare a farsi fare la stessa cosa da un pittore ed il risultato era sempre incoraggiante soprattutto perché l’abile artigiano della camera oscura correggeva pure tutti gli eventuali difetti con un pennello sia sul negativo che sulla stampa finale.

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foto 1, Gustave Le Gray, La grande onda, 1857
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foto 2, Clarence H

I nostri ragazzi, riuniti attorno a un tavolo nel 1932, ben conoscevano un altro movimento dei primi anni del ‘900, la ‘Straight photography’ che sta a dire, per quelli che non masticano molto l’inglese come me, fotografia diretta. Il termine appare per la prima volta su Camera Work, andarsi a vedere qualcosa su questa rivista fondata da Alfred Stieglitz ne vale veramente la pena, come antitesi al pittorialismo, cioè a qualsiasi manipolazione dell’immagine come dicevamo più sopra. In altre parole qualsiasi cosa che alteri in un secondo tempo il nostro scatto lo rende meno puro e quindi meno vero (ogni riferimento al mio precedente scritto; ‘La fotografia, la verità e la paura’ del 1 ottobre del 2015 non è assolutamente casuale).

Non so se a qualcuno che legge queste note sia suonato un campanellino, ma credo che suonerà tutte le volte che aprirà Photoshop e comincerà a contrastare il cielo in modo violento, a togliere i difetti con timbro e cerotto, a cancellare un palo e a lavorare su curve e livelli e ombre e luci ecc. ecc.

Contenti loro contenti tutti, ma per quelli che erano a Cavriago ad ascoltare quel vecchio saggio della fotografia che è Ferdinando Scianna avranno sentito anche loro quello che ha detto: “Basta con questi fotografi che vogliono fare i pittori e con i pittori che vogliono fare i fotografi, basta con il dire che bel quadro, sembra una fotografia o che bella fotografia sembra un quadro. La fotografia è una cosa e la pittura un’altra, punto.”

 

p.s. domandina finale: fra le due immagini qui sotto quale è la fotografia e quale è il quadro?

03-Olivo-Barbieri

04-Raphaella-Spence,-Flamingo,-2012

 

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