I bambini di Terezin
“Noi non siamo né pecore né lupi, siamo solo bambini.
Il nostro amore era puro, il nostro sorriso sereno, la nostra speranza leggera.
Poi qualcuno ci ha condannati e, quando il nostro sorriso e la nostra speranza si sono spenti, ci ha uccisi.
Tutti.
Rimangono solo le nostre poesie e i nostri disegni. Uno spicchio della nostra anima.
Non sono per gli uomini buoni, che non ne hanno bisogno, né per i cattivi, che non saprebbero leggerle: sono per coloro che del giornale leggono solo la pagina sportiva, che si irritano se qualcuno ricorda loro qualcosa di doloroso, che son sempre presi dai propri desideri, dai propri bisogni, dai propri diritti. Sono per coloro che rifiutano di vedere il male della vita, poiché non vogliono spendersi per il bene, che rifiutano i sogni e gli ideali, perché bisogna pagarli.
Riflettete per un attimo: che differenza c’è tra il nostro sorriso nell’attesa della morte e la tromba dell’angelo che vi chiamerà al Giudizio? Forse la vostra tromba siamo noi.”
S. Sebastiano
La storia scritta dai vincitori – da chi trionfa nelle battaglie, da chi conquista il potere economico, da chi raggiunge il successo nella società – presenta sempre un’immagine luminosa dell’uomo moderno.
Chi sente gli altri uomini come fratelli, ha più sensibilità per gli sconfitti, le vittime, i dimenticati, tanto che, nella complessità dei contrasti tra le luci e le ombre del nostro mondo, preferisce cogliere in questo S. Sebastiano il simbolo della nostra umanità.
Fortunatamente è un simbolo parziale, che non esclude altre realtà, come la spinta alle grandi ricerche e alle grandi realizzazioni dell’uomo moderno, ma è un simbolo significativo, coinvolgente ed ineliminabile.
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