Misericordiosi e pellegrini

Dalla Terra Santa le riflessioni dei vescovi europei

Sono tante, probabilmente infinite, le domande implicite nell’enorme movimento di persone e popoli in corso in questo tempo. In molti casi le tragedie si consumano lontano dai nostri occhi, ma non da quelli dei mass media: così non solo è possibile, ma è bene lasciarle sprigionare, quelle domande, anche quando le risposte dirette appaiono incerte o fuori dalle opportunità solidali che conosciamo.
L’importante, mentre la politica dice e disdice e l’Europa si mostra disunita, è non fermarsi al livello delle emozioni o alla logica emergenziale, ma accettare il peso di pensare, maturare giudizi e, se ve ne sono le condizioni, individuare un’azione, personale o familiare, che vada nella linea dell’apertura concreta, per quanto temporanea. Questa è “responsabilità”, nel senso etimologico di volontà e capacità di elaborare una risposta.
“Cosa stiamo a fare qui stasera?”, si domandava il vicario episcopale per la Carità e le Missioni, don Romano Zanni, nella veglia di preghiera per i migranti morti in mare promossa a Reggio Emilia soltanto cinque mesi fa. E la risposta era stata: “Siamo qui a dire no all’indifferenza che rischia di prendere spazio nei nostri cuori e ci fa dire «non ci posso fare niente»; a rispondere alle grida del cinismo e dell’egoismo col nostro silenzio; a partecipare al dolore delle vittime e dei loro familiari con il nostro pianto: se non sappiamo piangere scivoliamo nella barbarie”.

Leggi l’articolo integrale di Edoardo Tincani su La Libertà del 19 settembre

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