Tutte le foto della celebrazione dell’avvio del nuovo anno pastorale sono visibili al link: https://www.laliberta.info/edicola/foto/2015-09-08-pontificale-ghiara/
Reggio Emilia, 8 settembre 2015
Cari fratelli e sorelle,
il nostro anno pastorale inizia qui, sotto lo sguardo materno di Maria. Non è, questo, semplicemente un atto devozionale. Desideriamo imparare da lei a guardare e conoscere suo Figlio in modo nuovo e, assieme, a guardare e conoscere la Chiesa.
Per poter essere membra vive, gioiose, feconde del Corpo di Cristo, per poter essere veramente missionari, capaci di incontrare e ascoltare le persone, per annunciare alla loro vita che Dio è venuto vicino a ciascuno mandando suo Figlio, dobbiamo incontrare ogni giorno di nuovo Gesù, colui che rinnova dal profondo la nostra esistenza.
Tra poche settimane inizierà l’anno santo della Misericordia, indetto da papa Francesco proprio per far risuonare in tutto il mondo l’annuncio di salvezza: Dio ha tanto amato il mondo, da mandare suo Figlio (Gv 3,16) come vittima di espiazione per i nostri peccati (1Gv 4,10).
Sarà un tempo in cui la Chiesa, attraverso il sacramento della confessione, chiamerà tutti a sperimentare quanto il perdono dei nostri peccati da parte di Dio possa cambiare le nostre vite e influire sul cambiamento della società. Il perdono di Dio, nel sacramento, è come l’inizio di un fiume di grazia che dà fondamento, forza e speranza al nostro desiderio di cambiare vita, al nostro pentimento, mostrando tutta la bellezza della forza attrattiva di Cristo. Chiedo per tutti noi che questo Anno della Misericordia sia un tempo in cui impariamo a perdonare coloro da cui siamo divisi, sia fra i nostri fratelli nella fede – in casa, in parrocchia, nelle nostre comunità – sia con coloro con cui condividiamo il nostro tempo e le esperienze della nostra vita. Questo è soprattutto il tempo delle opere di misericordia corporale e spirituale che vorrei qui ricordare: dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti. Consigliare i dubbiosi, insegnare a chi non sa, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti.
Al termine della santa Messa comunicherò le date fondamentali dell’Anno Santo per la nostra Chiesa.
Quest’anno vedrà anche l’inizio della visita pastorale. Il mio profondo desiderio è che essa rappresenti una visita di Gesù alle vostre persone e alle vostre case. Certo, personalmente non potrò che incontrare solo una parte della popolazione, ma il mio sospiro segreto è che Gesù possa servirsi di questa visita perché almeno alcuni che non lo conoscono lo possano vedere e chi già lo conosce possa trovare ragioni più profonde per amarlo e seguirlo.
Con la visita pastorale intendo accompagnare il cammino nuovo o già avviato delle Unità pastorali.
Tra pochi giorni verrà pubblicata una nota del Consiglio presbiterale con una mia lettera di presentazione. Essa vuole rispondere alla domanda: cosa sono le unità pastorali e come aiutare il percorso delle parrocchie chiamate a formare un’unica comunità, seppure articolata in diverse comunità locali, affidate alla guida di uno o più presbiteri? Le unità pastorali non nascono perché qualcuno dall’alto, a tavolino, le ha elaborate, non sono un esperimento di “ingegneria pastorale”. Vogliono aiutarci a scoprire un’appartenenza più profonda e più grande alla Chiesa. Perché questa forma nuova della presenza della Chiesa nel territorio sia accolta e vissuta nel suo vero significato occorre un cambiamento di mentalità. Dobbiamo tutti, continuando ad amare le comunità in cui siamo cresciuti, aprirci alle comunità vicine e a tutta la Chiesa diocesana, superando attaccamenti campanilistici che fanno guardare alle altre comunità vicine in modo sbagliato, come a dei concorrenti e non a dei fratelli nell’unica fede. Si tratta di un cammino, per certi versi, provvidenziale, nel quale tutto ciò che in noi si frappone all’adesione cordiale e lieta alle forme sempre nuove attraverso cui il Signore Gesù si fa presente nella nostra vita, ha la possibilità di essere purificato, rendendoci così sempre più liberi e disponibili all’azione di Dio.
Durante questa celebrazione vorrei sottolineare la visione e l’esperienza della Chiesa che guida questo nostro passaggio e su cui ritorneremo nei prossimi mesi. Possiamo raccoglierla sotto il titolo: “Comunione, ministeri, carismi”.
Penso al capitolo 15° del Vangelo di Giovanni, ove la comunione profonda tra Cristo e i suoi è illustrata con l’immagine della vite e dei tralci. Noi siamo i tralci di un’unica vite da cui riceviamo alimento. Possiamo vivere e portare frutto solo se rimaniamo uniti alla vite e accogliamo le potature necessarie.
È quanto san Paolo esprime con l’immagine del corpo nella 1° lettera ai cristiani di Corinto: Come il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, per essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo (1Cor 12,12). In Cristo unità e molteplicità non si contraddicono ma sono necessari l’uno all’altra.
Continua san Paolo: Noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo [….] e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito (1Cor 12,13).
Il fondamento della nostra comunione è il battesimo, che ci rende figli di Dio facendoci partecipare alla vita del suo Figlio unigenito Gesù Cristo.
Sul dono del battesimo si innestano poi tanti altri doni che alimentano la vita della persona e della comunità, i sacramenti, e in particolare l’eucarestia, ma anche la grazia del matrimonio e dell’ordine sacro, presbiterato e diaconato, la grazia della vita religiosa, della vita consacrata a Dio.
Ci sono poi doni particolari che lo Spirito distribuisce in misura diversa nei diversi tempi della Chiesa e alle differenti persone: penso alle famiglie e alla educazione dei figli, penso, nelle nostre comunità, ai lettori, agli accoliti, ai catechisti, alle numerose persone dedicate alle opere di carità e all’accoglienza. Penso a tanti insegnanti, medici, imprenditori, lavoratori, penso a tutti i testimoni di Cristo nei luoghi di lavoro, di svago e di cultura. Auspico che molti cristiani tornino a scoprire la bellezza di una vocazione alla politica, secondo la dottrina sociale della Chiesa.
Perché l’unico corpo delle nostre comunità risplenda di unità nella molteplicità dei doni, occorrono umiltà, mansuetudine e pazienza, occorre sopportarsi a vicenda con amore cercando di conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace (cfr. Ef 4,2-3).
Sono questi i pensieri che guideranno i prossimi mesi, soprattutto la nostra preghiera, la nostra meditazione e la nostra conversione. Affidiamoli ancora una volta a Maria perché ci guidi a un’esperienza ecclesiale sempre più viva e sempre più missionaria.
Amen.
+ Massimo Camisasca