“Ricordo soprattutto la sua fede, il suo sorriso, la sua speranza. Il Signore l’ha chiamato in modo molto particolare ad offrire il suo diaconato per tutta la nostra Chiesa attraverso la malattia. Una malattia che per lui è stata causa di molte sofferenze e per i suoi cari di una carità inesausta. Personalmente, ritengo la conoscenza di Giorgio uno de doni più grandi al mio ministero episcopale. Chiedo ora che lui dal cielo assista e benedica i suoi fratelli diaconi della nostra Chiesa e tutta la nostra Diocesi”.
Così il vescovo Massimo Camisasca, che lo aveva ordinato diacono permanente il 13 gennaio 2013, ha voluto ricordare Giorgio Barigazzi con un messaggio rivolto alla moglie Lucia e ai figli Ilaria, Bruno e Marco, di cui ha dato lettura il vicario generale don Alberto Nicelli introducendo la Messa esequiale celebrata nel pomeriggio di mercoledì 5 agosto in Sant’Agostino.

La chiesa era gremita di tanti amici, diaconi e sacerdoti, venuti anche da lontano: segno di grande stima, affetto e amicizia. Come ha sottolineato nell’omelia don Daniele Simonazzi, quella di mercoledì 5 agosto – festa della Madonna della Neve – è stata una “liturgia nuziale, di festa”. Il sacerdote, richiamando il brano del libro dei Numeri e la figura di Caleb, della tribù di Guida, ha ricordato come Giorgio sia entrato nella “terra promessa” con fede grande; esemplare è stato ilo suo modo prima di condividere la sofferenza degli altri e poi di affrontare la malattia che lo aveva colpito.
Il suo incontro con i poveri, i sofferenti è sempre stato contraddistinto da forte spirito di servizio.
Una sottolineatura particolare don Simonazzi ha riservato alle periodiche eucarestie domestiche celebrate nella casa di Giorgio e Lucia e soprattutto dei commenti al Vangelo preparati dai due sposi.
Il parroco don Guido Mortari ha sottolineato l’impegno generoso sempre manifestato dal diacono Barigazzi – persona intelligente, umile, professionalmente qualificata, sposo e padre esemplare – nella sua famiglia e in quella di Sant’Agostino come catechista, componente del consiglio pastorale e animatore della Caritas. La comunità è rimasta orfana, ma certamente Giorgio dal cielo l’assisterà.

Le parole della moglie Lucia, che ha ringraziato per le tante preghiere e i gesti d’amore verso il marito e ha ricordato il cammino lungo percorso insieme a Giorgio è stato sottolineato da un applauso, così come un altro applauso ha accompagnato l’uscita della bara dalla chiesa, portata a spalle da alcuni diaconi.
Al termine della liturgia è stata distribuito il fascicolo Nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere contenente i commenti che Lucia e Giorgio Barigazzi avevano preparato per le eucarestie celebrate nella loro casa, il venerdì, dal 13 dicembre 2013 al 31 luglio 2015, l’ultima concelebrata dal diacono Giorgio.
La pubblicazione, realizzata dalla parrocchia di Sant’Agostino, è introdotta da don Daniele Simonazzi, che scrive: … in un crescendo, la loro casa è diventata “Chiesa domestica” i cui tratti hanno attinto alla nuzialità di Lucia e Giorgio. In tanti abbiamo potuto gioire del loro commento alla Parola … Da qui, ben presto, la continuità tra la mensa dell’Eucarestia e la mensa di Giorgio; tra l’altare e la poltrona in cui era deposto.
Nello scritto In Val Vigezzo lo stesso Giorgio descrive la sua frequentazione della casa “Cuore Immacolato di Maria” voluta per gli esercizi spirituali dal beato Luigi Novarese – fondatore del “Centro Volontari della Sofferenza” – dapprima come accompagnatore di ammalati e poi come ammalato lui stesso. Scrive Giorgio: Questo binomio (esercizi-ammalati) può far pensare ad un’esperienza triste e buia; invece rappresenta un momento benedetto da Dio in cui si fa esperienza gioiosa di incontro con i fratelli sofferenti … Ho potuto apprezzare meglio in quel luogo una grande accoglienza nei confronti delle persone disabili che si manifesta nella risposta ai loro bisogni concreti e alle loro necessità: l’abbattimento delle barriere non riguarda solo quelle architettoniche! ma anche psicologiche e spirituali.

Giorgio afferma che una persona sofferente, magari in carrozzina può continuare a svolgere un ruolo all’interno della Chiesa locale e così conclude: Ancora una volta questa esperienza mi ha ricordato che la sofferenza non ha l’ultima parola, che agli occhi di Dio non conta quello che fai ma quello che sei, che Dio abita il mistero della debolezza.
Parole che certamente hanno il sapore di un testamento spirituale, ma nel contempo di un forte messaggio di speranza che Giorgio – dopo averlo a lungo sperimentato nella sua persona – ha voluto lasciarci assieme alla sua preziosa testimonianza di grande fede e di amore per la Chiesa e i fratelli.
Giuseppe Adriano Rossi