Ogni anno si avverte un certo attrito fra la celebrazione delle ferie come rito di massa, puntualmente accompagnata dai tg con gli allarmi sui weekend da bollino rosso e le immagini di code ai caselli autostradali, e il senso della vacanza come rigenerazione interiore, che richiede un buon tasso di solitudine, una scelta di silenzio.
Anzitutto, mentre si disfano i bagagli dell’ultima peregrinazione o si prepara la prossima partenza, è opportuno non dimenticare chi d’estate non va da nessuna parte. O perché non ne ha la possibilità economica (è una leggenda che le città si svuotino!) o perché trattenuto dall’età, da un letto d’ospedale o da una salute malferma, dalla mancanza di accompagnatori.
Una telefonata, una visita, due passi nel fresco con qualcuna di queste persone, di sicuro non lontane dal raggio della quotidianità, possono essere un modo per riempire cristianamente questo “vacuum”, per non pensare solo al proprio benessere psicofisico, mentre l’afa e la chiusura dei negozi disseminano di ostacoli il percorso abituale di tante donne e uomini anziani, infermi e soli, tra paure e insicurezze amplificate (la criminalità non va in ferie) e la sensazione di una “ripresa” ancora annunciata ma poco concreta nelle tasche.
Ammesso che si parta, il viaggio non dovrebbe essere una gara a chi va più in capo al mondo, o a chi posta più foto sui social network, generatori (involontari?) d’invidia & gossip, o l’adempimento compulsivo di un obbligo consumistico stagionale (anche sotto il capitolo trasferimenti – è cronaca di questi giorni – quanti disagi tra voli fermi, treni roventi e in ritardo, trasporti pubblici inadeguati…).
Ci sono mete semplici, semisconosciute agli itinerari più strombazzati, che meritano di essere raggiunte, senza dimenticare le sagre, persistenti “miracoli” del volontariato locale, a portata di mano appena fuori porta.
Non si stacca dalla routine traslocando la solita frenesia in altri lidi, per quanto incantevoli o “vip”.
L’ospite con cui non si può fare a meno di rapportarsi anche a centinaia di chilometri da casa è… il nostro io.
Il viaggio altrove, allora, diventa la pista buona, il contesto favorevole per una riscoperta del bisogno di intimità, con se stessi, con i familiari e con Dio.
Se il corpo giustamente reclama il riposo, lo spirito al contrario ha spesso l’esigenza di essere risvegliato, guarito da quella spossatezza che non di rado deriva dalle sconfitte, dalla sfiducia, dai dissapori sedimentati durante un anno vissuto a testa bassa o in rotta con qualcuno.
Le vacanze – brevi, prolungate o a spezzoni che siano – ci danno l’occasione di rinnovare, recuperare, purificare relazioni messe da parte dall’inclemenza dei giorni, a cominciare dalla preghiera, per riconoscerci affidati sempre al Padre, datore di ogni dono. Anche del refrigerio estivo.
Edoardo Tincani