La politica mediatrice dei conflitti

Si è parlato di “Mediazione sociale e dei conflitti” nel seminario che si è tenuto nella sala convegni di Confcooperative per iniziativa della cooperativa sociale “Dimora d’Abramo”.

Un confronto che ha chiamato in causa amministratori pubblici, dirigenti e operatori professionisti delle organizzazioni pubbliche e private impegnate nel campo della mediazione sociale e dei conflitti, ed è giunto a conclusione del percorso formativo realizzato dalla stessa cooperativa sociale  in collaborazione con Irecoop, l’istituto di formazione di Confcooperative.

Tre le “parole chiave” ripetutamente rimbalzate in sala: comunità, conflitti e mediazione, in un legame strettissimo tra luoghi e storie (le comunità) di cui i conflitti sono parte naturale e nei quali ogni crescita e ogni relazione è possibile proprio grazie alla mediazione.

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Matteo Sassi

I conflitti – ha detto tra gli altri l’assessore al Welfare e vicesindaco del Comune di Reggio Emilia, Matteo Sassi – rappresentano, in fondo, una sorta di primordiale forma di relazione, e tutte le storie comunitarie e personali sono intrise di conflitti (generazionali, economici, sociali, culturali), che diventano però davvero pericolosi quando rappresentano un fine, e non una condizione entro la quale la mediazione si possa inserire per giungere ad un risultato, ad un patto, ad un riconoscimento reciproco.

E proprio su questo piano – ha detto Sassi – oltre ogni servizio ed oltre ogni professionalità, è la politica che deve farsi più presente per costruire condizioni e strumenti che evitino che il conflitto diventi un fine, abbandonando innanzitutto la logica del potere, che è l’esatto opposto della mediazione.

Emblematiche, al proposito, le citazioni di una politica che, proprio facendo esercizio del potere,  vuole “radere al suolo” i campi nomadi, la politica che vuole affondare i barconi dei profughi o anche la politica che chiede il voto di fiducia incurante di metà del Parlamento.

In ogni situazione – ha detto Sassi – la politica ci deve essere per spiegare le ragioni dello stare insieme, per facilitare patti, per spiegare il perché dell’accoglienza.

Proprio per raggiungere questi risultati – ha detto Luigi Codeluppi, presidente della cooperativa Dimora d’Abramo, particolarmente impegnata nel campo dell’accoglienza e dei servizi di sostegno alle famiglie e ai migranti, integrati da servizi di mediazione linguistico-culturale e interculturale – non basta soltanto curare i conflitti, ma comprenderne innanzitutto le ragioni, perché è partendo da questi elementi che è possibile compiere un cammino non di apparente pacificazione, ma di riconoscimento, di rispetto e di integrazione.

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