La Giornata del Malato che si celebra il giorno 11 febbraio non è una ricorrenza astratta. Non lo è maggiormente quest’anno per l’Ordine Ospedaliero, perché il 2015 è l’anno vocazionale per i Fabenefratelli, l’anno cioè in cui riscopriamo il carisma dell’Ospitalità. Ma la Giornata del Malato va vissuta da tutti come un momento della storia umana, quella che non finisce sui libri ma è ricca di nomi e cognomi di persone sofferenti e di fratelli che li aiutano, missionari religiosi e laici che talvolta perdono la vita per seguire la propria vocazione. Come Fra Patrick Nshamdze, morto il 2 agosto a Monrovia a 52 anni, 23 di professione religiosa, Fra George Combey, morto a Monrovia l’11 agosto a 47 anni, 16 di professione religiosa, Fra Miguel Pajares Martin, morto a Madrid il 12 agosto a 75 anni, 57 di professione religiosa, Fra Manuel Garcia Viejo, morto il 25 settembre a Madrid a 69 anni, 51 di professione religiosa… I quattro frati dell’Ordine Ospedaliero San Giovanni di Dio Fatebenefratelli uccisi l’anno scorso dal virus Ebola – insieme a suore e a collaboratori laici – testimoniano quanto siano vere le parole del Santo Padre, che nel messaggio per la XXIII giornata mondiale del malato ha definito oggi un “grande cammino di santificazione” l’accompagnamento spirituale e l’assistenza che tanti religiosi offrono quotidianamente ai malati in tutti i Paesi del mondo.
L’estremo sacrificio della vita – previsto negli statuti dell’Ordine dei Fatebenefratelli – è un caso limite di questa testimonianza: anche se non fa notizia, ogni giorno i religiosi offrono la propria vita agli altri con spirito evangelico. La Giornata del malato è un’occasione per ricordare l’importanza del loro ruolo e della preparazione con cui accompagnano chi soffre in un tempo che svaluta il valore della vita, un altro tema toccato dal Papa. Su questo punto, vale la pena di ricordare che i Fatebenefratelli hanno promosso un corso per gli operatori sanitari con l’Università cattolica, a Brescia, che affronta il problema dell’accompagnamento spirituale sotto il profilo terapeutico. Si tratta di un approccio nuovo che si fonda sulla consapevolezza che la malattia è un incontro spirituale ed una esperienza fisica ed emotiva, di particolare difficoltà o turbamento che, come può risolversi in bene o in male sul piano fisico, può avere sbocchi positivi o negativi anche su quello morale.
L’accompagnamento spirituale del sofferente non è proselitismo e non ha l’obiettivo di offrire al paziente un significato alle sue sofferenze, ma di assisterlo in un cammino che, partendo dalle sue domande, attraverso il dolore della crisi, lo conduca ad elaborare un ‘suo’ significato, quel significato che può far integrare la sofferenza nel più ampio contesto della sua vita. Questo vale anche per un credente: ricerca di senso vuol dire riuscire a dare un significato che aiuti a ‘gestire’ la sofferenza nell’ambito di un rapporto con Dio, un rapporto da conquistare anch’esso nell’alternarsi degli stati d’animo della paura di Dio e dell’abbandono a Dio, che sembrano contraddistinguere il mondo spirituale del malato. Questo approccio consente all’operatore sanitario – e non solo al religioso – di superare la “menzogna sulla qualità della vita” di cui parla papa Francesco, che nel messaggio ricorda come sia una “grande menzogna” quella che «si nasconde dietro certe espressioni che insistono sulla “qualità della vita” per indurre a credere che le vite gravemente affette da malattia non sarebbero degne di essere vissute».
Le parole del Papa riflettono la concezione cristiana della vita e della morte e sono il nostro faro in questa Giornata, ma nei giorni scorsi abbiamo ascoltato con gioia anche un’altra testimonianza dalla quale possiamo trarre incoraggiamento nell’attività quotidiana che svolgiamo accanto ai sofferenti. Ci riferiamo al primo discorso del nuovo Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il quale, oltre a darci la cifra del settennato con sole sedici parole – “Il mio primo pensiero va innanzitutto e soprattutto alle difficoltà e alle speranze dei nostri concittadini” – ha dimostrato di non dimenticare che quello della malattia è un luogo privilegiato per saggiare difficoltà e speranze: «La garanzia più forte della nostra Costituzione consiste, ha detto Mattarella, nella sua applicazione» e tra gli esempi ha citato «la ricerca d’eccellenza», e la capacità dello Stato di «garantire i diritti dei malati», nonché la rimozione di « ogni barriera che limiti i diritti delle persone con disabilità», insistendo, subito dopo sulla necessità che «negli uffici pubblici e nelle istituzioni possano riflettersi, con fiducia, i volti degli italiani: il volto spensierato dei bambini, quello curioso dei ragazzi. i volti preoccupati degli anziani soli e in difficoltà il volto di chi soffre, dei malati, e delle loro famiglie, che portano sulle spalle carichi pesanti». Già, le famiglie dei malati, delle quali raramente ci ricordiamo… Grazie Presidente!