La Pietre d’Inciampo per non dimenticare

In febbraio/marzo più di mille reggiani andranno a visitare e a studiare i campi di concentramentoe di sterminio ad Auschwitz. È  il Viaggio della Memoria degli studenti.

Venerdì 9 gennaio 2015, in preparazione al viaggio, sono state posate  nella nostra città le prime dieci Pietre d’Inciampo, aderendo così a questo monumento diffuso che si sta costruendo in tutta l’Europa.pietred'inciampo2
Cos’è una “Pietre d’Inciampo”?
Si tratta di una piccola targa in ottone a scopo commemorativo posta su un sanpietrino, che l’artista berlinese Gunther Demnig installa in tutta l’Europa davanti alle case in cui le persone arrestate vivevano. Questo segno della memoria invita il passante a fermarsi, a leggere e a non dimenticare questi cittadini ebrei reggiani vittime della Shoah.
Il 9 gennaio gli studenti del Viaggio della Memoria, l’istituto storico Istoreco e l’Amministrazione Comunale di Reggio Emilia hanno posato le pietre in ricordo dei nostri vicini di casa, deportati e assassinati ad Auschwitz:

  • Posa a Reggio Emilia delle Pietre d’Inciampo per Ada Corinaldi, Olga Corinaldi e Bice Corinaldi, attuale Via Monte Grappa 18
  • Posa a Reggio Emilia delle Pietre d’Inciampo per Benedetto Melli e Lina Jacchia, attuale Via Emilia San Pietro 22
  • Posa a Reggio Emilia delle Pietre d’Inciampo per Oreste Sinigalia, Beatrice Ravà, Iole Rietti e Ilma Rietti, attuale Via Monzermone 10 e 8

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Cos’è una “Pietra d’Inciampo” ?

Si tratta di una piccola targa in ottone (10 x 10 cm) a scopo commemorativo posta su un sanpietrino, che l’artista berlinese Gunther Demning installa in tutta l’Europa davanti alle case in cui le persone arrestate vivevano.

L’iniziativa, diffusa ormai in 17 paesi europei, è partita a Colonia nel 1995 e ha portato finora all’installazione di oltre 45.000 “pietre”, anche in Italia, come per esempio a Roma, Genova, Livorno, Prato…

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Le Pietre d’Inciampo sottolineano il carattere capillare della deportazione, il legame di tutte le nostre città con i campi nazisti di concentramento e di sterminio, svelano spesso una collaborazione da parte dei fascisti locali, e, soprattutto, danno nome e luogo ad una persona. Ritorna la vita che prima dell’assassinio c’era.

Come preparazione del Viaggio della Memoria 2015 ad Auschwitz, abbiamo collocato anche a Reggio Emilia e a Correggio in data venerdì 9 gennaio 2015 dieci Pietre d’Inciampo.

Prima, però, sono stati organizzati gruppi di lavoro per svolgere una piccola ricerca, per ri-costruire la biografia di uno dei deportati reggiani. Abbiamo visitato le loro vie e abbiamo cercato notizie negli archivi della città.

Ora ci sono i nomi die deportati iscritti davanti alle loro case: le prime 10 Pietre d’Inciampo. Sono segno della memoria che invitano il passante a fermarsi, a leggere e a non dimenticare questi cittadini ebrei reggiani, nostri vicini di casa, deportati e assassinati ad Auschwitz.


Oreste Sinigaglia

 

Milano, 11 dicembre 1881. La compagna non meglio identificata di Angelo Sinigaglia dà alla luce Oreste, colui che all’età di 62 anni sarà vittima della Shoah.

Ma chi era realmente Oreste Sinigaglia?

pietred'inciampo7Un uomo semplice, di professione mobiliere-commerciante, che si trasferisce da Viadana a Reggio Emilia dove viene iscritto nel registro della popolazione il 24 agosto 1904. Qui apre una bottega in via dell’Aquila e si sposa con Alice Liuzzi-Bona il 10 novembre dello stesso anno. Con lei vivrà in Via Monzermone 8, oggi numero 10, insieme ai due figli: Elvira e Cesare (1906-1954, sposato con Lucia Pratissoli).

Al momento del suo arresto Oreste era già vedovo, sua moglie ha una tomba sul cimitero ebraico della Canalina. La sorella di Alice, la signora Ida Liuzzi, muore di infarto nel suo nascondiglio ad Albinea.

Dobbiamo invece ancora scoprire come hanno fatto Elvira e Cesare a salvarsi dalla Shoah… Oreste viene arrestato da fascisti e nazisti proprio nel suo appartamento, agli inizi del dicembre 1943, imprigionato prima nel carcere di San Tommaso poi presumibilmente nel Casino Nobili di Cavazzoli. In seguito, arriva al Campo di concentramento di Fossoli da dove, il 22 febbraio 1944, partirà sul convoglio n° 8 insieme a 649 persone, destinazione Auschwitz.

Da questo punto in poi non si hanno più notizie su Oreste Sinigaglia, se non una sentenza del tribunale di Reggio Emilia del 1949 che dichiara la morte presunta.

Beatrice Ravà

Beatrice Ravà è nata il 1 maggio 1877 in via dell’Aquila 3 a Reggio Emilia da Serse Ravà, tappezziere di 24 anni, e da Clelia Mortara di 26 anni.

Il padre era custode della sinagoga di via dell’Aquila, compito nel quale gli succede, alla morte, il figlio Gino, uno dei sopravvissuti alla Shoah reggiana.

Il 31 agosto 1908 Beatrice si sposa a Reggio Emilia con Angelo Rietti con cui risiede in via Monzermone 6 (oggi numero 8) in città, nella zona del Ghetto.

Dal matrimonio di Beatrice e Angelo nascono due figlie: Iole il 22 gennaio 1910 e Ilma il 9 maggio 1913.

Beatrice di mestiere fa l’affittacamere. Puntuale nei rinnovi e nei pagamenti come si evince dai documenti amministrativi in nostro possesso. Immaginiamo che sia in seguito alla morte del marito,  avvenuta il 23 febbraio 1925, che si dedica a questa attività.

Iole era casalinga, come risulta dalla scheda del censimento dove, nel 1936, viene anche riportata la sua appartenenza alla ‘razza ebraica’.pietred'inciampo9

In base al Registro di popolazione, censimento del 1931 e del 1936, sappiamo che Ilma da adulta lavora prima come dattilografa e poi come operaia dipendente della società Timo (poi divenuta Sip, oggi Telecom). Sempre grazie a testimonianze orali sappiamo che Ilma viene licenziata in seguito all’applicazione delle “Leggi razziali” nel 1938.

Durante l’occupazione tedesca dell’Italia, anche a Reggio Emilia, viene ordinata da parte dei fascisti italiani la requisizione delle opere d’arte e dei beni di “proprietà ebraica” (11 dicembre 1943). Beatrice Ravà compare nell’elenco degli ebrei a cui notificare il provvedimento di confisca. A mano è riportato l’avvenuto o mancato avviso. Beatrice l’ha ricevuto, mentre il fratello Gino e i suoi figli, Fausto e Lina, risultano assenti. In quella data Beatrice è infatti già agli arresti, a differenza del fratello e dei nipoti nascostisi in tempo per sfuggire alla cattura.

Beatrice era stata arrestata insieme alle figlie sabato, il 4 dicembre 1943 per ordine della Questura. Portate nel Carcere di San Tommaso sono registrate come delinquenti comuni e viene dichiarata la loro “condizione modesta”.

Successivamente vengono portate in un luogo di raccolta in provincia di Reggio Emilia – che forse abbiamo individuato dopo 70 anni – , e da lì, dopo circa un mese, vengono trasferite al Campo di concentramento di Fossoli, vicino a Carpi.

Il 22 febbraio 1944 parte da Fossoli un convoglio diretto ad Auschwitz, con a bordo anche Beatrice e le sue figlie. E’ lo stesso su cui viaggia Primo Levi. I suoi racconti ci lasciano immaginare anche gli ultimi giorni di vita delle tre donne reggiane.

Il convoglio arriva a destinazione il 26 febbraio 1944. Grazie alla testimonianza di Ruth Wasser, una dei pochi sopravvissuti del trasporto, sappiamo che all’arrivo al campo di sterminio Beatrice Ravà, data l’età, venne selezionata per le camere a gas, mentre le giovani figlie per il lavoro. Pur di non separarsi le figlie seguirono la sorte della madre. Vennero condotte tutte e tre nelle camere a gas e poi bruciati i loro corpi.

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La “Commissione Interministeriale per la formazione di atti di morte e di nascita andati smarriti o distrutti per eventi bellici” determina la “morte presunta” la fa trascrivere dall’ufficiale di Stato civile del Comune di Reggio Emilia nel 1952.

Beatrice, 66 anni.

Iole, 34 anni.

Irma, 31 anni.

Fino a pochi mesi fa di loro non avevamo che le impronte digitali nell’archivio carcerario e pochissimi documenti. Il voler ridare loro un posto nella storia della città ci ha permesso di rintracciare alcuni loro parenti, grazie ai quali abbiamo trovato delle vecchie fotografie e, finalmente, le abbiamo potute guardare negli occhi.