Il Vescovo dopo le stragi di Parigi

Parigi, 8 gennaio. Le luci della Tour Eiffel spente in memoria delle vittime dell'attacco alla redazione di Charlie Hebdo
Parigi, 8 gennaio. Le luci della Tour  Eiffel spente in memoria delle vittime dell'attacco  alla redazione di Charlie Hebdo
Parigi, 8 gennaio. Le luci della Tour Eiffel spente in memoria delle vittime dell’attacco alla redazione di Charlie Hebdo

Quanto è avvenuto in questi giorni a Parigi è terribile. Come a New York nel 2001, a Madrid nel 2003 e nel 2005 a Londra, come in tanti paesi del mondo dove la morte vorrebbe proclamare il nome di Dio (si pensi alla Nigeria) appare ancora una volta la faccia tremenda di chi uccide l’altro perché non aderisce alla propria visione della vita.

Bene fanno molti responsabili delle comunità islamiche a dissociarsi da questa barbarie. È in questione la possibilità o meno di costruire assieme un futuro nuovo che non metta in discussione la nostra cultura, la nostra storia e i nostri valori, ma sappia farli incontrare anche ai nostri vicini, testimoniarli e raccontarli, ascoltando le storie e i fondamenti della loro vita.

L’Italia avanzi una propria proposta di integrazione che coniughi diritti e doveri, dove l’accoglienza si unisca alla serietà del rispetto delle nostre leggi, della nostra cultura e della conoscenza della nostra lingua. Nei luoghi di culto si preghi pure nelle lingue antiche, ma la predicazione dovrebbe avvenire in italiano. Anche quando la messa era in latino le omelie erano in italiano.

D’altra parte noi dobbiamo imparare a conoscere l’Islam, i nostri vicini islamici, avere con loro rapporti sinceri e chiari, senza dileggiare i loro riti e il loro profeta. Contro il male va bene tutto l’umorismo possibile, ma di fronte a ciò che si crede nel profondo occorre il rispetto del fratello.

+ Massimo Camisasca