“Non servono preti clericali, il cui comportamento rischia di allontanare la gente dal Signore, né preti funzionari che, mentre svolgono un ruolo, cercano lontano da Lui la propria consolazione”. Questo forte input è stato rivolto da Papa Francesco all’assemblea della CEI riunita ad Assisi proprio per discutere della formazione dei presbiteri.
E ha aggiunto che soltanto coloro che tengono fisso lo sguardo in ciò che è davvero essenziale possono rinnovare il proprio sì al dono ricevuto del sacerdozio e, nelle diverse stagioni della vita, non smettere di fare dono di sé. “Solo chi si lascia conformare al Buon Pastore trova unità, pace e forza nell’obbedienza del servizio; solo chi respira nell’orizzonte della fraternità presbiterale esce dalla contraffazione di una coscienza che si pretende epicentro di tutto, unica misura del proprio sentire e delle proprie azioni”.
Considerazioni che certamente non mancheranno di suscitare opportune riflessioni e nuovi orientamenti e percorsi pastorali.
Bergoglio nel suo messaggio ha ricordato che nella memoria riconoscente del cuore di ciascuno sono conservati i nomi e i volti di sacerdoti che con la loro testimonianza di vita evangelica sono stati maestri, guide, formatori, aiutando e indirizzando nelle fondamentali scelte esistenziali.
“Li abbiamo visti spendere la vita tra la gente delle nostre parrocchie, educare i ragazzi, accompagnare le famiglie, visitare i malati a casa e all’ospedale, farsi carico dei poveri, nella consapevolezza” che – come ebbe ad affermare Leone Tolstoj: “separarsi per non sporcarsi con gli altri è la sporcizia più grande”.
Questi sacerdoti, liberi dalle cose e da se stessi, ricordano a ciascuno che “abbassarsi senza nulla trattenere è la via per quell’altezza che il Vangelo chiama carità; e che la gioia più vera si gusta nella fraternità vissuta”.
Il Papa ha chiaramente indicato ai Vescovi italiani che “sì, è ancora tempo di presbiteri di questo spessore”, che siano ponti per l’incontro tra Dio e il mondo, sentinelle capaci di lasciare intuire una ricchezza diversamente perduta.
Certamente preti così non s’improvvisano: “li forgia il prezioso lavoro formativo del Seminario e l’Ordinazione li consacra per sempre uomini di Dio e servitori del suo popolo”. Bergoglio non si nasconde che possa accadere che il tempo intiepidisca la generosa dedizione degli inizi e, allora, è vano cucire toppe nuove su un vestito vecchio: “l’identità del presbitero, proprio perché viene dall’alto, esige da lui un cammino quotidiano di riappropriazione, a partire da ciò che ne ha fatto un ministro di Gesù Cristo”.
Giuseppe Adriano Rossi