Ha aperto la sagra di San Giacomo di Guastalla – sabato sera 3 maggio, nel Salone dell’oratorio – lo spettacolo “Una bambina di nome Maria”, proposto da “Compagnia Bella” di Forlì. Scritto e diretto da Giampiero Pizzol ed interpretato da Laura Aguzzoni, marito e moglie, una vita assieme sui palcoscenici (… con l’apporto fondamentale di alcuni piccoli protagonisti scelti sul momento tra il pubblico), quest’opera, vero gioiellino di “teatro popolare” per famiglie, ha narrato ai presenti – tra sorrisi, semplicità e poesia – la fanciullezza della Madre di Gesù e Madre nostra. Una storia che, riuscendo a parlare al cuore, si è fatta ‘preghiera’ per lo spettatore (bimbo o adulto che fosse), attraverso silenzi, suoni, segni, gesti della quotidianità e simboli di essenzialità, affascinando i piccoli e coinvolgendo – persino commuovendo – i grandi.
[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]“U[/dropcap]na tunica orlata di celeste,/ col velo chiaro, e una sopravveste,/ legati ai fianchi con quella cintura/ che era proprio della sua misura/ … e abbracciava quella breve vita,/ così piccola e così Infinita”.
Sono alcuni dei versi magistralmente interpretati da Laura Aguzzoni – l’attrice che interpreta Anna, la madre della Madonna – nello spettacolo “Una bambina di nome Maria”, piccolo capolavoro di spiritualità del quotidiano trasposto per il palcoscenico. Famiglie e bambini le hanno sentite risuonare la sera di sabato 3 maggio nel Salone dell’Oratorio di San Giacomo di Guastalla, in apertura della Sagra paesana, conclusasi il 5 maggio dopo la giornata ‘clou’ di domenica con i Madonnari venuti dal Santuario delle Grazie di Curtatone (MN).
Una pièce di teatro popolare di alto livello, frutto della geniale inventiva di un nome già noto fra gli autori di teatro sacro: Giampiero Pizzol (basti ricordare un paio di altre sue creazioni e produzioni: “Un uomo di nome Francesco” – interpretato dalla Filarmonica Clown del Teatro de Gli Incamminati -, e “Il Vangelo visto da un cieco”).
Teatro per famiglie, arte povera e – per una sera almeno – tv spenta. Tra ruvide assi di legno, sassi e ciottoli, fragranti pagnotte di pane ancora spolverate di farina, musiche che proiettavano nelle atmosfere di quella Galilea, ‘in quel tempo’… piccoli e grandi, fra semplicità, sorrisi, pura poesia, hanno ricevuto un dono: quello di un racconto essenziale e comprensibile a chiunque sulla fanciullezza della Madre di Gesù, benché senza ‘sconti’ sulla levatura dei contenuti.
[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]C[/dropcap]he è una di noi, esattamente come noi – sembra essere il messaggio che esce da questa commedia sospesa tra dolcezza, innocenza e sacralità -, ma che ha saputo ascoltare ed accogliere dentro di sé la Voce di un Mistero d’Amore, facendola diventare il suo canto di vita. Una storia che parla di Bellezza – ha riflettuto il parroco, don Roberto Gialdini, al termine della rappresentazione -, resa meravigliosamente sulla scena e ‘fattasi preghiera’ in ciascuno dei presenti.
Ancor più sorprende il fatto che gran parte dello spettacolo si regga sulla ‘risposta spontanea’ (nei gesti, negli sguardi, nel lasciarsi guidare…) di alcuni bimbi scelti sul momento fra il pubblico quali interpreti e protagonisti. Magnifica, in questo caso, la sintonia e la complicità che si è instaurata tra la Aguzzoni, vera ‘struttura portante’ dello spettacolo, e una bimba di nome Francesca che per l’intera durata si è lasciata prendere per mano calandosi perfettamente e senza alcun disagio nella parte della Madonna fanciulla.
[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]S[/dropcap]plendido, tra i tanti, il momento in cui lo spettatore comprende il senso di quello strano ‘regalo di compleanno’ fatto dal padre Gioacchino alla piccola Maria, l’8 Settembre, ricordandone la Natività. Lo si capisce dopo, in quel Quindici d’Agosto che la vede salire al Cielo per dono divino, “per sedere in trono insieme a Gesù” e, nel farlo Ella “scioglie e ci lascia quella cintura dal colore d’oro,/ indossata nel parto e sul Calvario/ che ha la misura esatta del Rosario”.
Sono parole tratte dalla pubblicazione “Maria bambina” , con le belle illustrazioni dello spagnolo Arcadio Lobato su testi dello stesso Pizzol; nata da un progetto per le scuole, in collaborazione con l’Associazione Amici del Pellicano, da essa è poi scaturito lo stesso spettacolo. Toccante il quadro finale, in cui la piccola Maria si dondola su un’altalena costruitale amorevolmente dalla madre Anna con le poche cose di cui disponeva: un’asse grezza, non levigata; una corda un po’ sgualcita… E quel gioco di bimba diviene il simbolo della materna e costante presenza della Vergine lungo i secoli, fra le vicende del mondo: “Maria scende ad apparire spesso/ e succede a volte ancora adesso/ che si fermi a parlare con qualcuno,/ preferisce di solito un bambino,/ poi torna in alto ancor più di prima/ sorridendo come faceva da bambina”…
Matteo Gelmini