La mattina di giovedì 17 aprile monsignor Camisasca ha presieduto in Cattedrale a Reggio Emilia la Messa Crismale, presieduta dal vescovo Massimo (concelebrata dai vescovi emeriti Paolo Gibertini e Adriano Caprioli), con la rinnovazione delle promesse sacerdotali e diaconali, la consegna delle offerte quaresimali per le missioni diocesane, la benedizione degli olii sacri, la festa per gli anniversari di ordinazione ed il ricordo dei confratelli defunti dalla Pasqua 2013.
Pubblichiamo l’omelia integrale del Vescovo Massimo:
Cattedrale di Reggio Emilia, 17 aprile 2014
Cari fratelli e figli,
come ogni giovedì santo viviamo un momento di particolare, intensa comunione. Alla messa crismale tutto il presbiterio è chiamato a concelebrare attorno al vescovo per esprimere così, anche sensibilmente, quella comunione profonda che ci lega in forza della comune appartenenza al collegio sacerdotale di questa nostra Chiesa. Il mio saluto e augurio, pieno di gratitudine e affetto, va anche ai nostri diaconi permanenti che fanno corona alla nostra celebrazione.
La messa crismale trae il suo nome dalla benedizione degli oli. In questo rito si manifesta sia l’origine della nostra vocazione, sia la sua finalità. L’origine è l’elezione che Gesù ha fatto della nostra povera persona, per associarla alla sua missione. Lui, l’unto di Dio, ha voluto ungere noi perché potessimo vivere tutta la nostra vita a servizio del suo popolo, del corpo di Cristo.
Nell’episodio raccontato dal vangelo Gesù, ormai nel pieno della sua missione pubblica, torna a Nazareth, dove aveva passato i primi anni della sua vita. Entra nella sinagoga, essendo sabato, e si propone per la lettura. È un momento solenne. Il momento difficile in cui l’uomo Gesù di Nazareth torna nel paese che l’ha visto bambino e vuole rivelare ai suoi quale sia la sua vera identità. Tutti i presenti pensavano di conoscerlo e pensavano di aver compreso il capitolo sessantuno di Isaia, che abbiamo ascoltato all’inizio della nostra celebrazione. Il profeta parla dello Spirito del Signore che riempie della sua presenza colui che manda. “Queste parole – dice Gesù – erano state dette per me, in vista della mia rivelazione”.
Questa unzione diventa definitiva in Gesù. In lui appare veramente il volto di Dio. In lui è recato in modo definitivo ai poveri il lieto annuncio della salvezza. In lui si inaugura l’anno di grazia che occuperà tutta la storia fino alla fine del tempo.
Gesù attribuisce a sé questa missione: oggi si è compiuta questa scrittura che avete ascoltato. Ma nello stesso tempo egli desidera, nella sua inesauribile passione per gli uomini, che l’annuncio di liberazione, che la grazia efficace del Signore, invada il tempo e lo spazio, arrivi fino ai confini del mondo, fino all’ultimo giorno del tempo. Ecco perché rende partecipe della sua stessa unzione il suo popolo e in esso, con un compito particolare, i sacerdoti.
La benedizione degli oli oggi ci parla dunque della missione sacerdotale. Non siamo chiamati a favore di noi stessi, ma a favore del popolo che ci è affidato. Gli oli sono la materia efficace per comunicare, in misura diversa, la vita di Dio nelle occasioni e nelle situazioni più importanti dell’esistenza. Oggi benediciamo gli oli che serviranno per il battesimo, per la cresima, per le ordinazioni diaconali e presbiterali, gli oli per gli infermi che sono il segno efficace della vicinanza di Dio alle nostre situazioni di debolezza e di malattia.
La vita del sacerdote è, dunque, assolutamente relativa al suo popolo. Vorrei oggi interrogarmi con voi su un compito particolarmente importante a cui noi sacerdoti siamo chiamati, anche se in diverso modo, in ragione dei compiti che ci sono affidati. Desidero riflettere con voi sul sacerdote e la vita delle famiglie. Non pensate che sia un tema estraneo a questa celebrazione. Se la nostra vocazione è di essere aiuto, sostegno e guida del popolo di Dio, un posto particolare devono occupare nella nostra cura le famiglie che compongono le nostre comunità. Nella famiglia, infatti, si vivono le dimensioni e le esperienze fondamentali dell’umano. Essa nasce dall’incontro tra l’uomo e la donna, dal loro innamoramento, matura in amore, in accoglienza reciproca e infine nel desiderio di vivere assieme tutta l’esistenza. Essa, come dice san Paolo, è una delle immagini e realizzazioni più grandi del mistero di amore di Cristo per la Chiesa (cfr. Ef 5,32). Ed è nella famiglia che ogni giorno ricomincia il rinnovamento della Chiesa stessa: la famiglia è, infatti, la culla di tutte le vocazioni, anche di quelle sacerdotali.
Vorrei che oggi ci ponessimo assieme alcuni interrogativi. Li affido alla vostra riflessione e alla vostra preghiera.
Come aiutiamo i giovani che vengono da noi e che ci esprimono il desiderio di prepararsi al matrimonio? È molto importante che, nel tempo di preparazione al matrimonio, i giovani possano incontrare la bellezza della famiglia cristiana. Tutto ciò deve avvenire attraverso una conoscenza della storia della salvezza che faccia loro scoprire l’importanza del matrimonio e della famiglia nell’alleanza tra Dio e il suo popolo. In particolare attraverso la scoperta del posto che il matrimonio occupa nella predicazione di Gesù e nella sua vita, a compimento delle profezie della prima alleanza. Ma tutto questo da solo potrebbe non bastare se non dessimo ai nostri giovani la possibilità di accostare l’esperienza positiva di famiglie appartenenti alla parrocchia o alla comunità. Non famiglie ideali o idealizzate, perfette, ma contente, fortemente partecipi della grazia sacramentale del matrimonio, affidate alla scuola di Gesù, dove quotidianamente imparano il perdono, l’accoglienza, la preghiera, il coraggio, la letizia.
È fondamentale la testimonianza della bellezza della vita cristiana! È fondamentale incontrare famiglie che, immerse come noi nelle difficoltà di tutti i giorni, sanno affrontarle coraggiosamente con l’aiuto della fede, della speranza e della carità. Famiglie che non si chiudono in se stesse, ma che si aprono alla condivisione della loro vita con altri nuclei famigliari. Che si lasciano interpellare dal bisogno di tante altre famiglie che vivono accanto a loro.
Chi si prepara al matrimonio ha bisogno innanzitutto di questo: conoscere l’aiuto che Cristo dà alla famiglia e l’esperienza viva di chi, accogliendo tale aiuto, cammina nel tempo non cedendo alla disperazione o al lamento.
La bellezza della vita matrimoniale va proposta, con umiltà e discrezione, ma insieme con molta speranza, anche a coloro che convivono. Molte sono le ragioni delle convivenze. Forse quelle più frequenti si trovano nella paura di fronte alle responsabilità, nella solitudine, nell’assenza di speranza. Non dobbiamo sentire i conviventi come estranei alla nostra missione pastorale, ma come fratelli e sorelle con cui vivere le grandi strade della preghiera, della conversione, della comunione.
Una grande importanza hanno le famiglie nell’opera dell’evangelizzazione. Dobbiamo favorire il ritrovarsi delle famiglie nei locali della parrocchia o nelle case perché possano vivere assieme la preghiera comune, la meditazione della Parola di Dio, lo scambio delle esperienze, il consiglio reciproco, forme di condivisione dei beni. Scopriremo così quanto sia reale e attuale quella comunione fraterna che gli Atti degli Apostoli hanno indicato come caratteristica della Chiesa di ogni tempo.
Nella nostra Chiesa si è sviluppata negli anni più recenti una grande attenzione ai poveri, a coloro che sono soli, ai malati, a coloro che vivono senza casa, senza amici, che sono vittime dello sfruttamento. La condivisione della vita di queste persone, anche attraverso il dono gratuito di una parte del proprio tempo e dei propri beni, è una strada altamente significativa per educare le famiglie a ciò che è essenziale nella vita e nell’educazione dei figli. Nello stesso tempo, oggi mi sembra di poter dire che le famiglie stesse fanno parte della povertà: hanno bisogno di essere aiutate, indirizzate, incoraggiate, sostenute. Cerchiamo di essere vicini a coloro che hanno vissuto e vivono il fallimento della loro unione familiare: aiutiamoli a sentirsi parte della Chiesa e a vivere anche un’offerta della loro fatica per il bene di tutti.
Il nostro ministero pastorale sarebbe assolutamente inefficace senza la collaborazione delle famiglie. Occupandoci di loro, dedicando loro il nostro tempo edifichiamo la strada più bella della nostra azione pastorale.
Cari fratelli, in mezzo a noi ci sono i nostri diaconi. Quasi tutti sono sposati: mi aspetto perciò proprio da loro un esempio di umiltà e gioia nel vivere la vita famigliare a servizio del popolo di Dio, senza protagonismi, in stretta collaborazione con i sacerdoti e gli altri laici.
Il Signore ci aiuti tutti, nella partecipazione ai misteri della sua morte e resurrezione, perché possiamo diventare realmente il suo popolo e ad essere testimoni della sua vita presso i nostri fratelli che attendono di conoscerlo.
Amen.
+ Massimo Camisasca