Le discussioni delle ultime settimane intorno al centro culturale e al luogo di culto per i musulmani di Sassuolo e del distretto delle ceramiche, a seguito della chiusura per irregolarità edilizie del centro islamico di via Cavour a Sassuolo, hanno risollevato un problema che si era già presentato nel recente passato, e intorno al quale la Chiesa aveva già fatto sentire la sua voce, attraverso un intervento dei sacerdoti di Sassuolo, risalente al gennaio del 2009.
[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]C[/dropcap]ome vescovo di Reggio Emilia-Guastalla (al cui territorio appartiene il comune di Sassuolo), ritengo opportuno riconfermare i punti centrali di quell’intervento, a maggior ragione dopo che anche recentemente papa Francesco ha richiamato – in una prospettiva di «mutuo rispetto nei rapporti interreligiosi, specialmente tra cristiani e musulmani» – l’invito a «rispettare la religione dell’altro, i suoi insegnamenti, simboli e valori. Uno speciale rispetto è dovuto ai capi religiosi e ai luoghi di culto. Quanto dolore arrecano gli attacchi all’uno o all’altro di questi!». (Papa FRANCESCO, Messaggio ai musulmani nel mondo intero per la fine del Ramadan (’Id al-fitr),10 luglio 2013).
Rivolgendosi anzitutto ai loro fedeli, i sacerdoti di Sassuolo, nel loro intervento del 2009, hanno inteso «ribadire l’atteggiamento che più si addice alla testimonianza cristiana e al senso civico della convivenza», con riferimento «da una parte al valore dell’accoglienza e del dialogo e, dall’altra, alla opportunità di ogni singola persona a poter fruire dei diritti e ad assolvere ai doveri che una società umana, cristiana e democratica deve poter esprimere dal proprio interno».
La Chiesa cattolica, ricordavano ancora i sacerdoti sassolesi nel 2009, riconosce e afferma «il diritto di culto per ogni confessione religiosa e il diritto a un luogo nel quale pregare»: sarebbe del tutto inutile, infatti, una proclamazione di principio della libertà religiosa, che non prevedesse poi anche la possibilità, per dei credenti, di avvalersi di spazi, luoghi, forme di associazione e, in definitiva, tutte le concrete modalità necessarie all’esercizio della propria fede in forma non solo individuale, ma anche comunitaria.
Dagli enti locali, ai quali è chiesto di regolare in concreto l’esercizio del diritto a un luogo di culto e di incontro, ci aspettiamo che tutto ciò sia fatto con l’attenzione, la chiarezza e la disponibilità che cittadini e immigrati, come singoli o come associati, si aspettano da chi amministra la cosa pubblica. Superfluo aggiungere che tutto questo dovrà avvenire nel quadro della Costituzione e delle leggi dello Stato, la cui osservanza spetta a tutti coloro che intendono vivere nel nostro Paese, qualunque sia la loro provenienza e la fede che professano.
[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]S[/dropcap]o che spesso, anche nelle nostre comunità cristiane, si è tentati di richiamare, specie a proposito della questione dei luoghi di culto e di incontro per i musulmani, un principio di reciprocità, che fa leva sul fatto che molte volte i cristiani, nei paesi musulmani, vedono calpestata la loro libertà di professare pubblicamente, e in luoghi idonei, la propria fede. Non nascondo la gravità della questione: e tuttavia mi preme sottolineare il principio evangelico, la «regola d’oro» che deve guidare prima di ogni altra cosa il punto di vista di un discepolo di Gesù Cristo: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti» (Mt 7,12). Desideriamo per tutti i credenti ciò che chiediamo per noi: la libertà concreta di professare anche pubblicamente, come singoli e come comunità, in pace e gioia, nel rispetto delle leggi dello Stato e delle tradizioni dei popoli, la fede che ciascuno fa sua, per contribuire anche così al bene della società.
[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]N[/dropcap]ella speranza che la situazione determinatasi nelle scorse settimane a Sassuolo possa presto trovare una soluzione adeguata, faccio miei l’atteggiamento e le parole che ci sono state rivolte di recente da papa Francesco: «Noi cristiani dovremmo accogliere con affetto e rispetto gli immigrati dell’Islam che arrivano nei nostri Paesi, così come speriamo e preghiamo di essere accolti e rispettati nei Paesi di tradizione islamica. Prego, imploro umilmente tali Paesi affinché assicurino libertà ai cristiani affinché possano celebrare il loro culto e vivere la loro fede, tenendo conto della libertà che i credenti dell’Islam godono nei paesi occidentali!» (Papa Francesco, Esortazione apostolica “Evangelii gaudium”, 253).
Ho voluto condividere queste mie riflessioni con monsignor Antonio Lanfranchi, arcivescovo metropolita di Modena-Nonantola, dal momento che Sassuolo è luogo di incontri di molti musulmani che vivono nel territorio della sua diocesi: e lo ringrazio per aver voluto essere partecipe con me di queste considerazioni.
Reggio Emilia, 10 febbraio 2014
+ Massimo Camisasca