F35, le ragioni di un deciso “NO”

– da “La Libertà” n. 26, del 6 luglio 2013 –

In un tweet di alcuni giorni fa, il presidente di Pax Christi Italia e vescovo di Pavia monsignor Giovanni Giudici, commentando le controverse parole del ministro della Difesa Mario Mauro (“Per amare la pace, armare la pace”), dette il 26 giugno scorso a proposito della discussione sull’acquisto dei cacciabombardieri F35 , le ha definite “Una falsità storica, un’offesa all’intelligenza; dimenticate le radici cristiane”; è seguito, a breve distanza, un comunicato stampa della stessa associazione Pax Christi Italia: “Dopo la discussione in Parlamento sul progetto F35 (aerei da guerra dal costo di circa 130 milioni l’uno), il presidente di Pax Christi è intervenuto con questo breve messaggio via Twitter. Pax Christi chiede di diffondere, sostenere e aderire a questo messaggio, in vista anche dei prossimi dibattiti parlamentari, per continuare il cammino di costruzione della pace, per il disarmo, contro il proliferare di armamenti e di spese militari. Per ulteriori informazioni su F35 e spese militari si rimanda ai siti www.paxchristi.it e www.disarmo.org

monsignorGiovanniGiudici
Mons. Giovanni Giudici, vescovo di Pavia e presidente nazionale di Pax Christi Italia.

[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]A[/dropcap]nche i Centri missionari e altre realtà cattoliche stanno aderendo al breve messaggio del presidente nazionale di Pax Christi Italia, per esprimere lo stupore e il dispiacere rispetto alle recenti dichiarazioni del ministro della Difesa.
A Reggio Emilia, lo scorso anno, diverse realtà si mobilitarono per dire “no” ai caccia F35 attraverso la campagna “Taglia le ali alle armi” (promossa a livello nazionale da Rete Disarmo, Sbilanciamoci e Tavola della Pace), chiedendo al Consiglio comunale di Reggio Emilia di deliberare la richiesta al Governo italiano di annullare l’acquisto degli F35, azzerandone il programma, e destinare le risorse risparmiate alle spese sociali, educative, culturali e al rilancio del Servizio Civile Nazionale, ossia a investimenti di “altra” sicurezza e alla promozione della pace. Sottoscritta da realtà cattoliche e associazioni laiche, dal mondo del volontariato e della cooperazione, da coordinamenti di insegnanti e compagnie teatrali, da movimenti nonviolenti e ambientalisti, la richiesta venne accolta.
Da allora l’opera di sensibilizzazione ha proseguito, così come nelle altre città italiane, fino ad arrivare alla discussione in atto in Parlamento.

[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]“L[/dropcap]a domanda centrale che ogni credente e ogni cittadino dovrebbe porsi” – scrivono il Centro missionario diocesano e la Caritas reggiano-guastallese, in un comunicato datato 2 luglio che rilancia questa mobilitazione –  “è: che modello di Stato e di difesa abbiamo in mente? Siamo convinti che, soprattutto in un momento di crisi economica, per prima cosa siano da salvaguardare i diritti fondamentali dei cittadini, investendo soldi pubblici per creare i presupposti di un vero risanamento del Paese, fondato sul lavoro per tutti, sulla coesione sociale e sulla convivenza civile”.

“Facciamo nostre le parole del vescovo Tonino Bello” – concludono Cmd e Caritas – “quando educava dei ragazzi dicendo: «La vita di ogni uomo è disponibile solo per essere amata. Sapete qual è l’opposto del verbo amarsi? Aggiungete una ‘r’: armarsi. Quando ci si arma, inesorabilmente ci si odia. Ve lo dico con molta fermezza, con molta libertà e con molto rispetto: quando si costruiscono le armi, necessariamente devono essere usate. Chi fabbrica le armi vuole che siano vendute e consumate. E le armi si consumano uccidendo…» (Tonino Bello ai ragazzi, in “Senza misura”, La Meridiana, 1993)”.

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