Incontro con Benedetta Bonfiglioli, correggese, autrice di letteratura per ragazzi (San Paolo e Piemme)

La copertina di "Tutto il cielo possibile" (Piemme), scritto a quattro mani da Benedetta Bonfiglioli con lo psicanalista Luigi Ballerini

– da “La Libertà” n. 23, del 15 giugno 2013 –

Si presenta in Seminario con due borse a tracolla, una blu e una verde. Più un ombrello rigorosamente “pink”. Benedetta Bonfiglioli è una girandola di colori e di parole: qualcuna le esce direttamente in inglese, la sua materia a scuola. Lettrice e scrittrice appassionata, trentasettenne, è nata e vive a Correggio con il marito e i due figli, Elia e Davide, gemelli di 9 anni.
Martedì scorso è uscito il suo secondo romanzo per adolescenti, “Tutto il cielo possibile” (Piemme), scritto a quattro mani con lo psicoanalista Luigi Ballerini.
La copertina ricorda un po’ i libri di Moccia. Ma solo quella. Il resto è una ventata d’aria fresca nel panorama della letteratura per ragazzi, che ha iniziato a soffiare nel 2012 con il romanzo d’esordio, “Pink Lady” (Narrativa San Paolo Ragazzi, 156 pagine, 14 euro).
Con Ballerini, racconta, si sono conosciuti per caso l’anno scorso a Rimini, dove “Pink Lady” ha vinto la sezione BookTrailer del festival “Mare di Libri”. E finché siamo sul palmarès, si aggiungano il secondo posto al 56° Premio Selezione Bancarellino, conquistato il 25 maggio scorso a Pontremoli, e il primo nella sezione “Claudia Malizia” del Premio Fenice Europa, che sarà assegnato il prossimo 14 settembre in quel di Massa Martana (Perugia). Non male, per un’autrice al debutto. Il resto lo scopriamo in quest’intervista “incastrata” fra una trasmissione da registrare a Torino per “La Tv ribelle” di Rai Gulp e una delle ultime lezioni di quest’anno scolastico al liceo classico “Ariosto” di Reggio Emilia.

Benedetta Bonfiglioli

Capitolo 1 di “Pink Lady”, sesta riga: “All’uscita dall’autostrada ci inerpichiamo su una serie di ponti bianchi che, mi hanno detto, sono l’opera di un architetto famoso”. Così rivela subito la sua origine…
La storia è ambientata in un paese fittizio ma per noi reggiani ben riconoscibile. Non ho citato Correggio perché è già tanto famosa, ma c’è una parte, nel libro, frutto di un lavoro di ricerca, che “ricostruisce” la mia città negli anni Cinquanta.

Scusi, ma la trama non si svolge “oggi”?
Sì. Però avviene un intreccio tra la vita di Anna, la protagonista di “Pink Lady” che si tinge i capelli di rosa e si copre la faccia di piercing per farsi notare dai genitori, e il diario di Ete (ben distinto, nel testo, da un carattere tipografico differente), una coetanea degli anni Cinquanta, che la ragazzina rinviene attaccato a un mobile nella casa in cui la sua famiglia trasloca. Le loro “sofferenze parallele” convergono sul presente e aiuteranno Anna ad accettare una grave perdita, la morte della sorella maggiore in un incidente d’auto, che ha finito per rendere “invisibile” anche lei agli occhi dei genitori…

Vuol dire che è un libro sulla rielaborazione del lutto?
Non tanto, o non solo. In realtà nella storia Anna arriva a comprendere “oltre”. Per esempio una volta superato il lutto per sopravvivenza – perché davvero il tempo cura – avverte con dolore il senso di colpa per esserci riuscita, perché capisce che può essere contenta di nuovo: il messaggio è che vale sempre la pena essere come si è, nella propria unicità.

Sono stati i suoi studi e il suo lavoro ad avvicinarla alla narrativa per gli adolescenti?
Ho viaggiato e studiato all’estero, laureandomi in Lingue e Letterature straniere. Quella per la scuola è una vocazione tardiva; ci sono arrivata nel 2005 con la prima supplenza, insegno letteratura inglese alle superiori e tutt’oggi sono precaria. In precedenza ho lavorato in campo commerciale come traduttrice. Da alcuni anni la mia occupazione principale consiste nel leggere manoscritti stranieri per la Mondadori Ragazzi di Milano: valuto la loro pubblicabilità in Italia e sulla base dei miei giudizi la casa editrice decide se acquistare o meno i diritti per tradurli. La mia fortuna è aver fatto di tutte le mie passioni un mestiere.

Com’è nata “Pink Lady”?
Dalla voglia di raccontare la storia che avrei voluto leggere, cioè con una consistenza emozionale notevole e nello stesso tempo un linguaggio fresco, non didascalico o eccessivamente tragico.

copertinaPinkLady-libroBBonfiglioli

Perché una mela in copertina?
Ho scelto questa immagine dopo che un giorno, facendo la spesa al supermarket, su un’etichetta ho letto le caratteristiche organolettiche di questo frutto, associato peraltro a un episodio del romanzo. La mela è fatta di contrasti: è dolce e forte, come Anna e come tutti noi, in fondo, con le nostre fragilità interiori ma, insieme, la forza necessaria per capire le cose e vivere fino in fondo.

È un romanzo autobiografico?
No, anche se ci sono le mie impronte digitali un po’ dappertutto.

Con due figli nell’infanzia, come mai scrive di adolescenti?
Non sarei capace di scrivere per i bambini, mentre gli adolescenti li ho sotto gli occhi quotidianamente; sarà che – anche prima di insegnare loro a scuola – ho fatto l’educatrice nella mia parrocchia di Fatima di Correggio: non faccio fatica a immaginarli.

Nel romanzo ha messo anche la fede?
Io racconto una storia e non penso che per parlare di Dio occorra fare catechismo, ma credo che la fiducia nell’uomo e l’amore per la vita e per la famiglia che trasudano dalle pagine di “Pink Lady” parlino di Dio molto più di una lezione sull’eternità dell’anima. La fede è una chiave di lettura che permette di vedere il bello in ogni cosa: quando scrivi, quando insegni, nella relazione…

Come vede questi adolescenti?
Se l’editoria per ragazzi in Italia è considerata di serie B è perché spesso si guarda ai ragazzi con dei cliché: il buonismo dell’adolescenza come età spensierata e uguale per tutti, o all’opposto una visione negativa per cui i ragazzi sono vuoti, non hanno ideali. Io ho uno sguardo molto diverso, li trovo pieni di energia. Caso mai siamo noi adulti ad appesantirli con le nostre preoccupazioni.

Beh, anche le case editoriali ci mettono del loro…
È vero: il più delle volte si nutrono del morboso, del limite più basso, della povertà più sofferente, senza promuovere quasi mai un riscatto. Per fortuna la letteratura per ragazzi offre il vincolo del lieto fine. È questione di eticità del mestiere: chi scrive per gli adolescenti non può permettersi di tagliare loro le ali, deve mantenere uno sguardo buono sul futuro. Che è il mio sguardo.

Qual è la sua chiave di scrittura?
A me piace raccontare realtà anche forti, ma con storie positive, curando che siano scritte in un italiano bello. Leggendo molti testi stranieri, mi accorgo di come oggi gli italiani si somiglino un po’ tutti: tranne rari, meravigliosi casi, sembriamo tradotti dall’estero…

In “Tutto il cielo possibile” c’è un’altra ragazzina come protagonista…
Si chiama Adele, ma c’è anche Lorenzo. Il tema fondamentale è il rapporto con i genitori.

C’è altro, nel suo cassetto di scrittrice?
Sì! Nel gennaio 2014, ancora per la San Paolo, dovrei pubblicare un mio romanzo di cui sono innamorata. Il titolo è ancora provvisorio. Anticipo solo che stavolta il protagonista sarà maschile, un musicista.

Edoardo Tincani

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