– da “La Libertà” n. 12, del 30 marzo 2013 –
Non era passata inosservata, nel Reggiano – già all’indomani della “fumata bianca” che ha eletto Papa Francesco – la notizia, apparsa su un quotidiano locale, circa il ruolo determinante che l’allora arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Jorge Mario Bergoglio rivestì nella promozione della causa di Beatificazione di Artemide Zatti. Quand’era Superiore della Provincia argentina dei Gesuiti, infatti (in particolare a partire dal 1976, anno in cui poté approfondire la conoscenza di Zatti), padre Bergoglio ebbe una parte molto importante nel diffondere e – come vedremo – nel ‘promuovere’ presso il proprio Istituto religioso la conoscenza di questa figura di laico consacrato.
Allo stesso modo, è molto probabile che una volta divenuto vescovo e Primate della Chiesa argentina, e poi cardinale (per volontà di Papa Wojtyla, nel 2001), Bergoglio abbia voluto spendersi in prima persona presso Giovanni Paolo II per fargli conoscere le straordinarie virtù cristiane di Artemide Zatti, di cui fu in effetti lo stesso Giovanni Paolo II a decretare la Beatificazione, il 14 aprile 2002.
[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]È[/dropcap] senza dubbio da escludere l’ipotesi che Artemide Zatti (nato a Santa Croce di Boretto nel 1880, dove visse sino all’età di 17 anni prima di emigrare con la famiglia a Bahìa Blanca, in Argentina) ed il futuro padre gesuita possano essersi conosciuti e incontrati di persona: quando Zatti morì – nel marzo 1951 – Jorge Mario era un ragazzino, non aveva ancora 15 anni.
E di sicuro non fu di poco conto – specie per quei tempi in cui la comunicazione non era immediata e capillare come lo è oggi – il fatto che Zatti vivesse e operasse a Viedma, una città della Patagonia distante 960 km dalla capitale (dove invece crebbe Bergoglio).
Forse però non è del tutto improbabile immaginare che il giovane Jorge Mario avesse almeno sentito parlare di quell’«infermiere santo» la cui fama si era diffusa con sorprendente velocità in tutto il Paese, a cominciare dalle regioni del Sud, tanto che da tutta la Patagonia si racconta gli arrivassero ammalati. Per Zatti, uomo semplice e di umili origini, l’Ospedale fu tutta la vita, “il luogo” – come spiegava Pierluigi Cameroni durante un seminario di studi su Zatti alla Pisana, nel novembre 2011 – “dove egli esercitò, giorno dopo giorno, la sua virtù fino al grado eroico”. Un uomo che in sella alla sua bici correva instancabile da una parte all’altra della città “ad ogni ora del giorno e della notte, con qualunque tempo”, che “non si fermava al centro… ma andava anche nei tuguri della periferia”; che vedeva ciascuno dei suoi pazienti – e realmente così li chiamava – come un piccolo Gesù di cui prendersi cura con dedizione e amore; che mentre pedalava pregava (“una mano al manubrio e l’altra col rosario”); che occupava con lo studio e le letture ascetiche gran parte delle (poche) ore di riposo che gli restavano; che anche quando, spossato, andava a coricarsi, rimaneva “in permanente disponibilità di eventuali chiamate”.
[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]I[/dropcap]n Argentina la devozione per Artemide Zatti è davvero grande, molto più forte che da noi. Del resto, ciò è anche comprensibile: furono proprio gli anni vissuti nel grande Stato Sudamericano quelli cruciali per la maturazione della sua vocazione ecclesiale di Coadiutore Salesiano; qui nel Reggiano, dove la sua fama di santità è arrivata ma più ‘di riflesso’, probabilmente fatichiamo a immaginare i livelli di popolarità che ancora oggi il beato Zatti riscuote tra i fedeli cattolici argentini.
In questo senso, venire a sapere di un legame con Papa Francesco può essere una nuova opportunità per approfondire, per ri-scoprire, anche in terra reggiana, questa figura di santità che, come una cometa, ci ha ‘sfiorati’ da vicino ma senza che, probabilmente, potessimo accorgerci appieno della sua luminosità.
[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]C[/dropcap]i aiuta a ricostruire alcuni ‘retroscena’ dell’incontro tra questi due giganti della fede – Zatti e Bergoglio – il signor Volmer Calzolari, di Boretto.
Volmer si occupa da diversi anni di ricerche in ambito locale – in particolare sulla storia e la vita civile e religiosa borettese – e costituisce in tal senso un’eccezionale memoria di eventi grandi e piccoli che riguardano la sua comunità. Ha adibito una piccola stanza della sua casa a studio personale: quattro muri più una finestra che guarda sulla campagna circostante, e un’intera parete riempita da una grossa scaffalatura zeppa di raccoglitori, fascicoli, documenti, fotografie, il tutto da catalogare e datare.
Animo generoso, carattere mite e cordiale, pronto all’accoglienza, Volmer trascorre qui molte delle sue serate, mentre magari tanti suoi amici e conoscenti si ritrovano al bar per qualche partita a carte. Lui preferisce fare la ‘fatica buona’ di dedicarsi a quest’opera di conservazione e divulgazione (uno scrigno di ricordi e avvenimenti per le generazioni che verranno), coerente con l’obiettivo che si era prefissato quando intraprese questo impegno.
[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]C[/dropcap]alzolari è egli stesso, alla lontana, discendente di Zatti, per parte di nonna materna, che era una Vecchi, proprio come Alina, la madre del Beato.
Ma c’è un altro non trascurabile punto di contatto con questo ramo della famiglia: l’ottavo successore di don Bosco alla guida della Famiglia Salesiana fu infatti don Juan Edmundo Vecchi, Rettor Maggiore dal 1996 al 2002.
Nato nel 1931, e proprio a Viedma (la città argentina di Zatti, le cui spoglie riposano nella chiesa parrocchiale di San Giovanni Bosco), anche don Vecchi – come Artemide, peraltro suo parente – era figlio di una coppia di borettesi emigrati laggiù. E fu lo stesso don Juan Edmundo, in una Lettera del 2001 – “Beatificazione del coad. Artemide Zatti: una novità dirompente” (fonte d’archivio «ACG 376») – a raccogliere una preziosa testimonianza, datata 1986, del futuro Papa Francesco sul “Sig. Zatti” (non era ancora stato proclamato Beato). In questo documento don Vecchi riporta una missiva che a metà degli anni Ottanta l’allora padre Jorge Mario indirizzò al salesiano don Cayetano Bruno. Scrivendo, padre Bergoglio attinge a ricordi di qualche anno addietro, quand’era a capo della Provincia argentina della sua congregazione: “Nel 1976 (…) durante una visita canonica ai missionari gesuiti del nord argentino, mi fermai qualche giorno nell’Arcivescovato di Salta. Lì, tra una chiacchiera e l’altra alla fine dei pasti, Mons. Pérez mi raccontò la vita del Sig. Zatti. Mi diede anche da leggere il libro della vita. Mi richiamò l’attenzione la sua figura così completa di Coadiutore. In quel momento sentii che dovevo chiedere al Signore, per intercessione di quel grande Coadiutore, che ci mandasse vocazioni di coadiutori. Feci novene e chiesi ai novizi di farne (…). Da quando incominciammo le preghiere al Sig. Zatti”, prosegue la missiva, “sono entrati 18 coadiutori giovani che perseverano e altri 5 che uscirono dal noviziato e dallo iuniorato. In totale, 23 vocazioni. I novizi, gli studenti e i Coadiutori giovani hanno fatto varie volte la Novena in onore del Sig. Zatti, chiedendo vocazioni di Coadiutori. Io stesso la feci. Sono convinto della sua intercessione per questo problema (…). In riconoscenza, nella 2ª e 3ª edizione del Devozionario del Sacro Cuore, abbiamo messo la Novena per chiedere la Canonizzazione del Sig. Zatti”.
[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]S[/dropcap]i verificò dunque un fecondo incontro tra figure vocazionali ‘simili’ di entrambe le Famiglie religiose. Per i Salesiani come per i Gesuiti, infatti, – lo precisa lo stesso Bergoglio poco oltre – “la vocazione del Confratello Coadiutore è molto importante. Il P. Arrupe diceva che la Compagnia, senza di loro, non era la Compagnia. Hanno un carisma speciale che si alimenta nella preghiera e nel lavoro. E fanno bene a tutto il corpo della Compagnia (…) Sono di pietà, allegri, lavoratori, sani…”. Padre Bergoglio, conclude rimarcando la propria convinzione profonda sull’efficacia – a questo scopo – dell’intercessione del Sig. Zatti, “perché so quanto abbiamo pregato mettendo lui come avvocato”. Anche l’attuale Rettor Maggiore dei Salesiani, don Pascual Chávez Villanueva, nel messaggio indirizzato a Papa Francesco il 19 marzo scorso, in coincidenza con l’avvio ufficiale del Pontificato, rinnova le ragioni di un legame che si è consolidato nel tempo anche attraverso la figura di Zatti: “So molto bene” – scrive in un passaggio – “della sua vicinanza affettiva ai Salesiani (…). Soprattutto ho apprezzato moltissimo la sua testimonianza sul nostro confratello coadiutore, il Beato Artemide Zatti, nel momento in cui Lei era Provinciale dei Gesuiti, e la sua paternità, come Pastore dell’Arcidiocesi di Buenos Aires, verso i nostri confratelli”. Una bella vicenda di fraternità interecclesiale, di scambio fruttuoso tra carismi, differenti fra loro eppure ‘convergenti’ verso l’unica missione dell’edificazione del popolo di Dio.
Matteo Gelmini