Tra Rwanda e Madagascar, obiettivo giustizia – Incontro con la reggiana Valentina Codeluppi, studiosa dei diritti umani

– da “La Libertà” n. 7, del 23 febbraio 2013 –

Una vocazione cristallina per la giustizia e la protezione dei diritti umani, con il “pallino” per le celle di detenzione o le aule dei tribunali, piuttosto che per i velluti di ambasciate o per le scrivanie. A soli 25 anni Valentina Codeluppi dà l’idea di una giovane con le idee chiare e la valigia sempre pronta. Abita a Rivalta, ma frequenta la comunità di San Pellegrino, con annesso volontariato nel Centro di ascolto parrocchiale e al CeIS di Reggio Emilia. Dopo la maturità classica, gli studi di pianoforte all’Istituto diocesano di Musica e Liturgia e un anno di “Erasmus” in Francia, si è laureata in Scienze internazionali diplomatiche a Gorizia nell’ottobre 2011. La sua tesi, grazie anche all’interessamento attivo di monsignor Daniele Gianotti, è diventata un libro. S’intitola “Le cicatrici del Ruanda” (Emi, 194 pagine, 13 euro) e la sua prefazione è stata pubblicata su La Libertà dell’8 dicembre 2012.

[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]O[/dropcap]ccuparsi del genocidio del 1994 è stata, per Valentina, l’occasione di coniugare i suoi studi di scienze politiche sul diritto internazionale con un’esperienza “made in Reggio” come il progetto Amahoro. Le “case della pace” nacquero dal cuore senza frontiere di quel don Gigi Guglielmi che Valentina non ha conosciuto di persona, ma di cui in casa ha sempre sentito parlare, vuoi perché era il parroco della mamma, vuoi perché zio Enzo ha viaggiato con il Gruppo Rwanda Padre Tiziano, intitolato appunto al fratello di don Gigi. Senza contare i legami familiari con Paola Campo e con Maria, amica italo-rwandese di Valentina.
Le “cicatrici” di cui parla il libro (a proposito: se qualche parrocchia è interessata a una testimonianza può scrivere a vale.codeluppi@gmail.com) sono quelle di una riconciliazione nazionale ancora stentata, perché imposta dal potere politico; Valentina giudica così, mettendo alla prova le sue competenze tra storia e attualità, l’inadeguatezza di tribunali e corti Gacaca.
Per i diritti di immigrati e rifugiati, spiega la giovane in una visita al Seminario di Reggio, si può fare molto anche stando in Italia. Ma recarsi presso altri popoli aiuta a cogliere meglio le diverse “povertà” e sensibilità, anche giuridiche.

[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]È[/dropcap] quello che è avvenuto anche dopo la laurea. Da poche settimane, infatti, Valentina è tornata dal Madagascar, dove ha portato a termine un anno di volontariato internazionale grazie alla collaudata serietà di Reggio Terzo Mondo (Rtm). “Ero a Tanà (Antananarivo)”, racconta, “e facevo parte dell’équipe ‘nutrition’ che segue i progetti di aiuto alimentare, nelle mense scolastiche, per i minori vulnerabili e i malati di Tbc delle zone di Tanà, Fianarantsoa e Manakara. Inoltre mi sono occupata di un progetto di alfabetizzazione per minori lavoratori e dell’appoggio tecnico a Radio Don Bosco, emittente salesiana della capitale, per il rafforzamento delle radio diocesane nell’Isola”.

pasquaMadagascar
Non è finita qui, perché alle attività previste da contratto Valentina ha aggiunto anche un ulteriore servizio svolto a titolo personale. “Sempre a Tanà”, aggiunge, “visitavo regolarmente il carcere insieme a una cooperante italiana della Comunità di Sant’Egidio e ad alcuni volontari malgasci, fatto piuttosto raro, questo; inizialmente per distribuzioni di alimentari mensili, poi pian piano abbiamo messo in piedi degli atelier di formazione artistica per i prigionieri”.

[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]V[/dropcap]alentina si fa seria quando ripensa alle pesanti condizioni di vita dei detenuti o al loro difficoltoso reinserimento. Ma non esita a definire quest’ultimo anno un tempo “meraviglioso”, pur non avendo mai rimesso piede a Reggio durante l’intero periodo e nonostante le fatiche di adattamento. Il peso della solitudine si è gradualmente ridotto: “Prima di partire”, ricorda Valentina, “tanti mi mettevano in guardia sul fatto che in Madagascar hanno un altro modo di concepire l’amicizia e le relazioni. Fatta l’esperienza, posso dire che è vero che costruire dei rapporti duraturi è difficile, ma se ci metti del tuo diventa possibile: è avvenuto così con una collega, Tantely, che considero una vera amica e con cui mi sto mantenendo in contatto”.
Anche frequentando i carcerati Valentina ha dovuto scontrarsi con i pregiudizi: “Il concetto di volontariato, in Madagascar, è molto ridotto. Inoltre la gente pensa che i detenuti non abbiano più diritti… Subito nei detenuti c’era molta diffidenza, avevano l’idea che noi andassimo a trovarli ogni tanto per farci belli e poi sparissimo. Ma quando si rendevano conto della nostra volontà di passare del tempo gratuitamente, ci dimostravano una riconoscenza autentica, che non dimentico”.

[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]E[/dropcap] ora? La voglia di ripartire per l’estero è alta, con la disponibilità a lavorare nel mondo delle Organizzazioni non governative.
Quello che colpisce, in Valentina, è la sua carica ideale, che non si riduce neanche davanti alle vie più redditizie intraprese dai compagni d’università. “Quello che ho ricevuto finora, ed è tanto, basta a dirmi di continuare su questa strada”, taglia corto lei, senza sentirsi una mosca bianca. E davanti alla maliziosa domanda sulle mille burocrazie che possono spegnere la passione per il prossimo, risponde sicura: “Le contraddizioni ci sono ovunque. Credo fortemente nell’impegno personale, al di là del modo diverso di vedere il lavoro che ogni ‘cooperante’ può avere. E penso che il poco che ognuno può dare valga comunque la pena di essere fatto, anche se sei l’ultimo arrivato”.

Rwanda
Eh sì, l’esperienza insegna.

Edoardo Tincani

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