– da “La Libertà” n. 39 del 10 novembre 2012 –
Lungo i ‘percorsi’ dell’episcopato di Monsignor Caprioli. Docente ed esperto di liturgia, il Vescovo Adriano ha saputo trasmettere alla vita liturgica una nobile semplicità, rendendola più profonda e gioiosa
[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]I[/dropcap]l Vescovo Adriano arrivava a Reggio, nel settembre del 1998, con una competenza liturgica non comune: la liturgia e i sacramenti erano stati per lui, oltre che pratica vissuta quotidianamente (come per ogni cristiano e prete), anche materia di ricerca e di insegnamento al Seminario di Venegono.
Aveva anche fatto parte della redazione della Rivista liturgica, una delle principali pubblicazioni in materia, con una diffusione internazionale, e collaborava ad altre riviste rilevanti; negli anni di parrocchia a Legnano aveva potuto anche fare i conti con l’esperienza celebrativa di una comunità parrocchiale, misurandosi con le sue diverse – e non sempre conciliabili – esigenze (ricordo ancora come ci parlò, in occasione della prima visita che gli facemmo a Legnano, pochi giorni dopo l’annuncio della sua nomina, dei tentativi di «integrare» i bambini piccoli e le loro famiglie nella vita liturgica della comunità parrocchiale). Si era occupato anche di musica liturgica, con l’esperienza tra l’altro della guida di un coro liturgico, e con la stesura di qualche testo per canti liturgici.
[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]A[/dropcap]rrivava a Reggio, dunque, come qualcuno che ha molte cose da insegnare: e certamente le ha insegnate, in molte e diverse occasioni. Le ha insegnate attraverso il magistero episcopale, non facendo mai mancare richiami alla liturgia nelle lettere pastorali, o sollecitando la verifica della vita liturgica delle parrocchie nelle visite pastorali; lo ha fatto in occasioni specifiche (ricordo ad esempio interventi puntuali sulla musica liturgica, in occasione di incontri con l’Istituto diocesano di musica e liturgia) e lo ha fatto anche attraverso il suo stesso «stile celebrativo», improntato sempre a quel principio di «nobile semplicità» richiamato dalla costituzione liturgica del Vaticano II (cf. Sacrosanctum Concilium 34); non da ultimo, lo ha fatto promuovendo con impegno e dedizione, e non senza il supporto di un lungo lavoro di ricerca, riflessione e condivisione, il restauro della Cattedrale e il suo adeguamento liturgico.
[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]V[/dropcap]orrei ricordare che l’impegno del Vescovo Adriano a sostegno di una vita liturgica sempre più attenta, partecipe e soprattutto «credente» non si è limitato soltanto alla nostra diocesi: monsignor Caprioli è stato per un quinquennio (2000-2005) presidente della Commissione episcopale per la liturgia della Conferenza episcopale italiana, in anni particolarmente operosi, che hanno visto tra l’altro la pubblicazione della nuova versione italiana del Rito del matrimonio, la preparazione della nuova versione del Lezionario e il compimento di una parte importante del lavoro di traduzione del Messale (ora in corso di approvazione da parte della Congregazione del culto divino), nonché l’avvio con due sue relazioni in Assemblea generale della riflessione sul rinnovamento della prassi dell’Iniziazione cristiana nelle Chiesa in Italia.
[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]A[/dropcap] questo livello nazionale si è aggiunto – e per tutta la durata del suo episcopato – il livello regionale, che ha visto monsignor Adriano presiedere e guidare la Commissione liturgica regionale, portando a termine con essa operazioni impegnative, come gli orientamenti per le celebrazioni domenicali in assenza di presbitero (1999), il completamento degli orientamenti liturgico-pastorali della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna, pubblicati nel 2008 col titolo L’Eucaristia e la liturgia culmine e fonte dell’evangelizzazione, e la realizzazione dei convegni liturgico-pastorali regionali, come quello svolto a Imola nel 2009 su La morte e i suoi riti: per una celebrazione cristiana dei funerali o quello tenuto lo scorso anno a Carpi su Eucaristia e cammini di fede, in preparazione al Congresso Eucaristico Nazionale di Ancona, di cui è stato presidente del Comitato preparatore (2007-2011).
[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]G[/dropcap]ià solo questi accenni, sicuramente incompleti, indicano come il Vescovo Adriano abbia messo a disposizione della diocesi, ma anche di tutte le Chiese in Italia e nella nostra regione, la sua preparazione teologico-liturgica e, ancora di più, la sua passione per una celebrazione piena di fede, bella e dignitosa, vera «finestra aperta» sul mistero della Chiesa e del suo Signore Gesù Cristo presente e operante in essa.
Vorrei però aggiungere che il Vescovo Adriano non ha solo «insegnato» (e vissuto, prima di tutto) la vita liturgica della Chiesa che ha guidato per quattordici anni, ma in questa Chiesa ha voluto anche «imparare» e accogliere aspetti peculiari della sua «tradizione liturgica». Se ho potuto vedere più da vicino questo «apprendistato» soprattutto nell’ambito della musica liturgica, l’ho potuto constatare però anche a proposito delle ripetute visite missionarie che ha compiuto durante il suo episcopato reggiano-guastallese.
Personalmente ho potuto accompagnarlo solo in occasione della prima visita in Rwanda (fine 1999 – inizi 2000): e naturalmente mi sono reso ben conto che una celebrazione di quattro ore metteva a dura prova, più che la pazienza, la stessa resistenza fisica del Vescovo. Ma ho sempre avuto l’impressione che alla fine monsignor Adriano uscisse da queste defatiganti celebrazioni, e rientrasse dai suoi viaggi missionari, colpito da una gioia di credere e di vivere che non è sempre facile incontrare nelle nostre liturgie: e che da questo incontro con la fede e la liturgia di altre comunità abbia attinto per sospingere anche la nostra Chiesa verso una vita liturgica a un tempo più profonda e più gioiosa.
don Daniele Gianotti
vicario episcopale per la cultura
responsabile diocesano per la musica sacra